“Come sente non è che i nostri ragazzi sono fermi e zitti. Ma questa per noi è una grande provocazione! Innanzitutto perchè è un bene che sia così, significa che sono persone vive, ma soprattutto perchè ci rende chiaro come la disattenzione non si vince pretendendo l’attenzione ma quando accade che una persona venga attratta. Che cosa ci attrae? Se io non me lo domando per me con che sguardo farò una proposta ai ragazzi?”
Così Giovanni Toffoletto presenta, in qualità di coordinatore di sede, il fulcro del corso professionale per ‘Operatore del legno’ offerto dal Polo Formativo Legnoarredo. Non solo competenze quindi ma reale attenzione a se stessi e ai ragazzi per poter fare della curiosità il motore per una proposta formativa concreta.
I primi ad accorgersi di questo metodo innovativo sono proprio gli studenti. “Sicuramente questa non è una scuola normale!” asserisce spavaldo Alberto, “dove andavo prima i professori non ci parlavano a di fuori dalle aule, qui invece ci chiedono come stiamo. Possiamo parlare e scherzare con loro. Ci guardano”.
E così Cristian: “Hanno qualcosa di diverso. Non gli interessa solo del lavoro ma che noi cresciamo come ragazzi e come operatori del legno… perché si vede che questo campo piace prima di tutto a loro!”.
L’entusiasmo per questo sguardo sguardo contagia tutto il progetto, che li avvia fin da subito al mondo lavorativo con una proposta di stage per i primi due anni e di un intero anno di praticantato per il terzo.
“Ci hanno proposto di fare un anno assunti come dei dipendenti veri e all’inizio eravamo un po’ stupiti”, ci racconta Mirko, “ma poi abbiamo accettato perchè siamo certi che sarà un’occasione per tutti: se questa avventura dell’apprendistato funziona davvero potrà essere spunto perchè molti dopo di noi possano farlo!”.
In effetti si è rivelata un’ottima esperienza: “Ho da poco iniziato a lavorare in una azienda di allestimenti fieristici” ha infatti aggiunto un ragazzo più grande, “con un contratto speciale da apprendista. Faccio esperienza sempre affiancato da qualcuno: preparo stand, pedane, oggetti per fiere. La mia azienda ha anche montato lo stand del Giappone dell’Expo. Sono stato anche io in fiera ma non lì: ho smontato uno stand per due giorni! E’ una grossa prova, una bella esperienza. Io ho fatto lo stage ma non è la stessa cosa!”, dice entusiasta.
La pratica non si limita però ai periodi in azienda ma cerca di diventare quotidiana nelle attività diurne.
La scuola, che già si avvale di un laboratorio in sede distaccata per permettere ai ragazzi di prendere la mano con le nuove tecnologie, si trasferirà, non appena pronto, in un luogo più adatto dove avrà la possibilità di ospitare macchinari specializzati per la lavorazione di materiali particolari adatti all’arredo, gli stessi che poi i ragazzi troveranno nelle imprese e che dovranno utilizzare per il loro lavoro.
Alla fine dei tre anni, a fronte di un esame finale, una qualifica per ‘operatore del legno’. Per chi fosse interessato è previsto un quarto anno, che permetterà agli studenti di trasformare la qualifica in vero e proprio diploma.
A parlarci dell’intero percorso è di nuovo Toffoletto, accompagnandoci in una visita tra le aule arredate con sgabelli, slitte, e oggetti tutti realizzati dai suoi giovani allievi in classe o nelle esperienze extrascolastiche proposte. Gli abbiamo posto qualche domanda, ma lo abbiamo lasciato parlare in libertà.
Come arrivano i ragazzi in questa scuola e come comincia, in età così giovane, un percorso tanto specializzato?
I ragazzi arrivano qui in vari modi. Chi ha il papà, lo zio o addirittura il nonno che fa questo mestiere e desidera fare di quella la professione della sua vita; chi dalle scuole medie ha ricevuto il consiglio di un percorso professionale piuttosto che di uno di studio; chi ha iniziato un percorso diverso non finito o concluso male e desidera rimettersi in gioco dopo aver capito l’errore che a suo tempo aveva fatto nella scelta. All’inizio dell’anno le situazioni sono certamente molto diverse ma tutti si aspettano da noi una proposta concreta e interessante. Quello che facciamo noi, durante il primo periodo, è proprio lavorare su questo punto. La nostra proposta è la verifica, passo passo col ragazzo, mirata a capire se la professione dell’operatore del legno sia quella corretta per lui. Alla fine del primo anno quello che speriamo accada è che ognuno cominci a sentire questo mestiere come proprio, e che inizi a maturare dentro di sè la radice di una vera passione e di una prospettiva. Il vantaggio di questa scuola è proprio che si cresce in fretta – dopo tre anni si è già al lavoro! – per cui bisogna maturare una consapevolezza di sé, di quello che si desidera. Il grosso dell’impegno iniziale ruota proprio su questo punto.
Come la figura antichissima del falegname viene innovata attraverso l’utilizzo di moderne tecnologie?
Le aziende del settore legno arredo sono cambiate e stanno cambiando per cui il tema delle tecnologie diventa importante perché lo è per le singole imprese. È una vera e propria rivoluzione che parte dalle realtà lavorative per cui per capire questo bisogna intuire come lavorano le ditte oggi. Le faccio due esempi, di una industria e di un artigiano. Presso un’industria con la quale collaboriamo per gli stage a Seregno mi sono trovato a dialogare con la responsabile che mi diceva “noi siamo in difficoltà perché non è facile trovare persone che sviluppino il nostro lavoro con competenza. Stiamo approntando una linea nuova che ci permetterà di ottimizzare moltissimo la produzione ma non abbiamo persone che la possano sviluppare bene”. Perché? Loro si occupano di linee automatizzate con macchine a controllo numerico che presuppongono quindi una capacità di programmazione ma che richiedono anche la conoscenza dei materiali particolari. Allora è sorta spontanea la mia domanda: “Esistono persone formate nella meccanica che lavorano con macchine simili. Perché non cercate in quel contesto?” Perché non basta! Non basta una persona che sappia far funzionare la macchina perché un conto è lavorare un pezzo di alluminio, un altro lavorare sul legno. Io posso conoscere benissimo la macchina ma se non ho dimestichezza con il legno non sarò mai capace di far funzionare bene la macchina. Questa è la nuova figura del falegname: una persona che conosca il legno, lo sappia riconoscere, toccare, maneggiare, ne percepisca la venatura e la lavorazione ma lo sappia anche trattare con macchine ad alta tecnologia. Questa competenza, che unisca la tecnologia alla materia prima è molto difficile da reperire. Questa è la ragione della nostra passione per la tecnologia. Secondo esempio. Sono stato pochi giorni fa da un artigiano, che ha quindi un approccio lavorativo molto differente da quello di una industria. L’uomo mi ha detto “io sto cercando una persona che abbia voglia e competenza per poter far funzionare la macchina da controllo che io ho qui”.’ E stiamo parlando di un artigiano che fa tutto su misura! Questo mondo, dall’artigiano all’industria, ha bisogno di persone così, che si appassionino così tanto alla materia da sapersi appassionare anche alle macchine che la lavorano oggi. Lo sviluppo di questo sarà visibile dall’anno prossimo, soprattutto perché potremo finalmente trasferirci nella nuova sede dove disporremo di una macchina a controllo numerico classica e dei macchinari che le aziende ci consiglieranno come i più indispensabili per una formazione completa.
È quindi fondamentale il dialogo tra voi responsabili e i tutor d’azienda, soprattutto durante gli stage…
Certo. Tutto parte dalla nostra domanda all’azienda, “Dicci di cosa hai bisogno”. Una volta che l’azienda si sente porre un quesito simile la sua esigenza si allarga e capisce che il problema non è solo la competenza ma di capire chi siano i loro dipendenti. Un aneddoto. L’anno scorso ci è capitato di mandare in azienda un ragazzo di seconda alla sua prima esperienza lavorativa. Un bravissimo ragazzo che ha iniziato bene ma quando gli è stato cambiato il reparto ha cominciato a far fatica e a non lavorare come prima. Di fronte a questo la sua tutor ci ha chiamato dicendo ‘”Questo ragazzo sembra non aver voglia di lavorare, sarà mica come tutti gli altri?”. Conoscendo noi bene il ragazzo abbiamo provato a proporgli di guardarne altri aspetti, di osservarlo secondo una diversa prospettiva. Questo dialogo è andato avanti e il ragazzo si è riattivato terminando molto bene il suo stage. Quando il percorso è finito sono andato a parlare con la tutor aziendale e la donna mi ha stupito dicendo “Con Mirko abbiamo avuto qualche difficoltà, è vero, ma parlare con voi è stato fondamentale. Quando mi avete sollecitato a guardarlo secondo altri aspetti mi sono accorta delle sue molteplici dimensioni ed ho potuto così aiutarlo a sbloccarsi. Questo mi ha fatto pensare che questo è proprio quello di cui io ho bisogno per tutti i miei dipendenti!”. Insomma, un dialogo continuo in cui l’obiettivo è quello della crescita della persona ma non solo quella dei ragazzi. Non esiste la crescita dei ragazzi se non viene prima la crescita nostra, che lavoriamo con loro e quella delle aziende, ce li assumeranno. Da questa esperienza è emerso chiaramente come la dimensione educativa sia parte centrale del lavoro, del lavoro in azienda e del lavoro industriale, Quando questo viene reso evidente allora tutto cambia e lo sviluppo della persona è possibile. Senza questo tutto è a breve termine, senza alcuna possibilità di radicarsi.
In un momento così difficile per il mercato del lavoro e tanto sfiduciato nei confronti dei giovani che possibilità rappresenta la vostra scuola?
Io penso che il lavoro che tentiamo di fare possa rappresentare una possibilità per tutti. Quando dico per tutti intendo per noi, che lavoriamo in questo settore che tutti i giorni siamo qui ed abbiamo a che fare coi ragazzi. I primi che imparano cosa significa coltivare una passione siamo noi e se non siamo noi è impossibile che loro ci riescano. Ancora un piccolo aneddoto: un risultato incoraggiante è quando un professore di italiano esce dalla seconda e mi dice “Io con questa classe devo cambiare il mio metodo di insegnamento”. Questo per me è il primo grande contributo perché è un adulto che davanti alla provocazione di ragazzi tutti diversi trova entusiasmante il fatto di cambiare e verificare come la sua passione per la materia possa essere rinnovata dovendola comunicare in un altro modo. È una possibilità per le aziende. Il problema che tutti abbiamo davanti è di poca capacità di valorizzare il proprio lavoro. Molto spesso il valore del nostro lavoro si è ridotto, anche magari a valori quantitativi positivi, ma si è un po’ persa la possibilità di cogliere il valore profondo che sta dietro alla capacità produttiva. Quando noi mandiamo i nostri ragazzi in stage o i produttori vengono qui a testimoniare il loro operato è occasione per loro di rendersi conto della bellezza del proprio lavoro: poter comunicare dà gli strumenti per ridire anche a se stessi il significato di quello che si fa! È una possibilità per i ragazzi del nostro tempo che non sono diversi da quelli di altri tempi. Certo, sono differenti perché hanno avuto condizioni diverse da quelle di venti anni fa ma al fondo sono esattamente uguali. Hanno bisogno come tutti di una proposta affascinante, di una proposta vera, che sia verificabile, interessante, accompagnata. Quando questo si verifica i ragazzi intuiscono che esiste un loro posto nel mondo e questa è una prospettiva che non è limitabile: si comincia imparando ma non si sa dove si va a finire in questo cammino di continuo imparare. Il contributo che tentiamo di dare è su tutti questi livelli.
(Vicky Bonarelli)