Ormai ci siamo. Tra pochi giorni, dal 12 al 14 febbraio, si svolgerà a Roma, nella prestigiosa sede della Pontificia Università Urbaniana, la fase finale della seconda edizione del concorso di filosofia dal titolo Romanae Disputationes organizzato dall’associazione ToKalOn Didattica per l’eccellenza. Dall’indagine sulla natura e sulle possibilità della ragione, oggetto dell’edizione precedente, si passa all’esperienza che può fare chiunque non si sottragga al compito di usare con coraggio la propria ragione, ossia l’esperienza della libertà.
Riprendendo il famoso verso dantesco del primo canto del Purgatorio, il tema centrale di questa seconda edizione è proprio la libertà o meglio l’esperienza che di essa possiamo avere: “Libertà va cercando che è si cara: l’esperienza della libertà”, questo è il titolo del concorso. Oltre alle premiazioni finali degli elaborati vincitori nelle categorie Junior (III e IV anno) e Senior (V anno), la tre giorni di Roma ha un programma intenso e variegato che va dalla lezioni accademiche (tenute dai professori Mario De Caro, Guido Alliney, Marina Timoteo, Giacomo Rizzolati, Michele Di Francesco e Francesco Botturi, qui elencati in rigoroso ordine di intervento) ai laboratori multidisciplinari (Filosofia e Arte; Filosofia e Musica) passando per seminari di discussione (i cosiddetti Age contra) che coinvolgeranno gli studenti partecipanti in problemi e questioni di rilevanza filosofica. Il tutto sarà condito dalla bellezza di Roma e dalla possibilità di trascorrere alcuni giorni con docenti, compagni del team con cui si è preparato il lavoro e con studenti di tante scuole italiane: una possibilità d’incontri nuovi e ricchi di promesse.
Tuttavia, oltre le imprescindibili notazioni tecniche, c’è un altro aspetto che mi preme sottolineare per provare a dare un’idea di che cosa possano essere le Romanae Disputationes. Ed è un aspetto per me fondamentale.
Come tanti colleghi e amici docenti ho proposto alle mie classi di partecipare al concorso. Così, dopo aver assistito con alcuni ragazzi all’incontro di apertura delle Romanae Disputationes animato dalle lezioni di Emidio Spinelli e Giovanni Maddalena, abbiamo iniziato a pensare ai modi migliori per affrontare questa sfida. Nella discussione io, da buon professore di filosofia, ero prodigo di suggerimenti tecnici e metodologici del tipo: “usate un lessico adeguato”, “definite con precisione ogni termine che introducete”, “non fate salti logici o collegamenti troppo fantasiosi”. Ad un tratto, quasi ad interrompere questo mio decalogo, uno dei miei studenti esclama: «Scusi professore tutti questi suggerimenti sono molto utili, ma il titolo del concorso è l’esperienza della libertà. Forse prima ancora di questioni tecniche occorre riflette su che cosa sia per noi questa esperienza!».
Una lampadina in me si accende: prima di qualsiasi suggerimento metodologico o tecnico occorre che i ragazzi trovino e leggano dei testi in cui questa esperienza della libertà vibra anche in tutta la sua drammaticità. Così correggo il tiro e invito gli studenti ad andare direttamente ai testi, a cercare, tra gli autori già affrontati o tra quelli che apprezzano per un gusto personale, brani, frammenti o anche poche righe in cui la libertà sia un’esperienza viva. Non, prima di tutto, un discorso teorico ma una realtà in atto. Ecco che la discussione si vivacizza ed emergono i primi nomi: Omero, Eraclito, Platone e Aristotele.
Nei giorni e mesi successivi i ragazzi raccolgono i testi, si appuntano alcuni brani e frammenti con un’apertura d’animo e una sana tensione a cogliere ogni accento di verità che vibra da quelle pagine, che spesso sono io il primo a non avere. Ne è nato così un dialogo leale e appassionato, quasi un’immedesimazione con l’amore per la libertà narrato da Platone nel mito di Er oppure una stima sincera per la chiarezza con cui Aristotele espone il compito proprio dell’uomo nell’Etica Nicomachea.
E ancora: una simpatia umana per il dolore di Zeus che non può evitare la morte del figlio Sarpedone o per il pianto di Achille e Priamo a causa della morte di Patroclo e Ettore; ma c’è anche spazio per l’ammirazione dell’umano coraggio con cui Ettore va incontro alla morte e per lo stupore provocato dalla scelta di Odisseo che abbandona Calipso e la sua promessa di renderlo immortale per tornare, mortale, dalla moglie Penelope. Il genio, filosofico o letterario che sia, è così: brucia lo spazio e il tempo per essere sempre attuale, compagno di viaggio di chi è in ricerca.
Ecco la prima grande scoperta del lavoro per il concorso: un’appassionata esperienza di libertà in atto nella quale trovano posto, com’è bene che sia, un’attenzione nuova per il lessico, le parole e i concetti da usare. Un’esperienza di libertà in atto che è così cara che difficilmente se ne può fare a meno. Poi, che vinca il migliore.