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Home » Educazione » SCUOLA/ Insegnare letteratura? Due “estremi” da evitare

  • Educazione

SCUOLA/ Insegnare letteratura? Due “estremi” da evitare

Giuseppe Botturi
Pubblicato 7 Febbraio 2015
scuola_esame_follaR439

Infophoto

Spiegare letteratura? L'aspetto più impegnativo consiste nell'offrire agli studenti un approccio equilibrato rispetto a due poli. L'esempio di un sonetto di Dante. GIUSEPPE BOTTURI

È sempre un obiettivo didattico stimolante riuscire a presentare con intelligenza la letteratura italiana al liceo. L’aspetto più impegnativo consiste nell’offrire agli studenti un approccio equilibrato rispetto a due poli. Da un lato, l’incontro con l’oggetto proprio della disciplina: è troppo facile fare grandi discorsi su autori, epoche e quant’altro, senza però trasmettere una reale conoscenza linguistica dei testi. Un autentico studio letterario deve fornire innanzitutto gli strumenti tecnici, precisi, per accostare un brano. D’altro lato, una genuina comprensione si dà solo quando il testo parla a noi lettori, oggi, rendendo presente ai nostri occhi il contenuto di verità che esso custodisce, cioè il nesso con noi. Un’analisi tutta formale, volta alla mera scomposizione del testo, lascia lo studente forse più erudito, ma per nulla più intelligente rispetto a quel che legge.


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Poche settimane fa mi è capitata un’interessante esperienza didattica, grazie alla quale ho constatato di nuovo che è possibile armonizzare i due estremi da cui si origina il vero incontro scolastico con la letteratura. All’interno del percorso su Dante Alighieri, ho letto con una classe il celebre sonetto Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io, nel quale il giovane autore si augura di poter trascorrere un soggiorno incantato su una magica imbarcazione in compagnia dei suoi due migliori amici e delle rispettive amate. Conclusa l’analisi testuale, ho lasciato come compito agli studenti di riflettere sull’idea di amicizia contenuta in quel testo, cercando di individuarne eventuali pregi e difetti. 


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Alla lezione successiva, in più d’uno ha osservato, in positivo, che Dante esprime un forte desiderio di unione con i suoi amici. Su questo tutti erano d’accordo: un’amicizia sussiste perché ci sta a cuore qualcuno, col quale abbiamo stabilito un reciproco legame di affetto. Quanto ai difetti, mi è stato risposto che l’ideale di quel sonetto è di rinchiudersi in un gruppo, tagliando fuori il resto del mondo: “Come se io stessi con le mie amiche e non sapessi più nulla di quello che sta succedendo nel mondo”, ha detto un’alunna.

A questo punto mi è tornato alla mente il detto di Antoine de Saint-Exupéry: “Essere amici non significa affatto guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”. Ho così proposto la frase come alternativa all’amicizia tratteggiata nel sonetto; si è reso evidente che l’autore del Piccolo principe intende l’amicizia come fondata su uno scopo comune, e che questo è un obiettivo da raggiungere, fuori di sé. Non è stato difficile far emergere esempi: dall’allenamento sportivo in squadra per vincere una gara, all’aiuto nello studio per superare una verifica.


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Da ultimo, ho deciso di far vedere come la riflessione svolta costituisse un criterio per valutare anche altri testi che stavamo leggendo, in particolare i primi canti della Commedia. Ho perciò domandato: “Virgilio è amico di Dante?”. A molti è stato subito chiaro di sì: certo, Dante non è alla pari del suo maestro, non intrattiene con lui una relazione di blanda confidenza, come si è invece abituati a concepire un rapporto di amicizia tra adolescenti. È però innegabile che Virgilio compie un cammino insieme a Dante, allo scopo di condurlo a una meta buona per lui.

Mi sembra notevole il fatto che una lettura attenta di un testo letterario abbia permesso di individuarne un nucleo tematico, e, a questo punto, di giudicarlo alla luce della personale esperienza. Sarebbe stato pretestuoso accennare appena al sonetto, e impostare la lezione sull’amicizia, aprendo un generico dibattito. Che invece il lavoro descritto non sia stato ideologico lo dimostra il fatto che esso ha consentito di ritornare, attraverso il paragone con sé, alla letteratura stessa: da Dante, attraverso il paragone con il nostro presente, a Dante. Il secondo aspetto buono sta nel sano dialogo che si è instaurato tra insegnante e studenti. Sarebbe forse stato più facile esporre una lezione interamente frontale, con gli stessi contenuti; più coinvolgente per i ragazzi — innanzitutto da un punto di vista intellettuale — è stato il condurre un ragionamento guidato, aperto a una discussione reale sul nostro tema. Allora è davvero possibile conciliare il rigore tecnico-formale e un paragone vivo con sé; è davvero possibile riscoprire una tradizione, che dal passato ci interpella oggi.


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