TRADUZIONE VERSIONE LATINO / Maturità 2015, Tacito, testo e commento: le reazioni degli studenti dopo la seconda prova (oggi, 18 giugno 2015)

- La Redazione

Maturità 2015, versione di Latino: testo e commento a Tacito ‘ultimi giorni di Tiberio'. Le notizie dal web e le analisi de IlSussidiario.net sulla seconda prova degli esami di stato

cornelio_tacito Maturità 2015, la versione è di Tacito

Questo esame di Maturità 2015 probabilmente passerà alla storia come il meno polemizzato: tracce interessanti (a volte anche complicate), errori ridotti all’osso e pochissimi casi insoliti. Per quanto riguarda gli studenti del liceo classico, la seconda prova di oggi li ha visti protagonisti nel cercare di tradurre una non facile versione di Tacito, un po’ lo spauracchio della vigilia, ma dalle reazioni finali non sembra essere andata poi così male. Intervistati all’uscita da un liceo romano da Studenti.tv, alcuni maturandi letterari hanno affermato: “versione con difficoltà media, normale anche se molto, forse troppo lunga. La faccia della disperazione dell’inizio lentamente ha ripreso vita, poteva andare peggio”. Di altro avviso una ragazza, “i periodi erano molto complicate e con parole strambe, solo la prima e l’ultima parte erano fattibili, il centro un disastro!“. Simpatico il commento in dialetto romanesco stretto di un maturando: “Cicerone o Tacito era uguale, sempre male vado“. Clicca qui per vedere il video con i commenti

Riportiamo di seguito il commento per ilsussidiario.net di Giovanni De Luca, Gabriele Conte e Angelo Mascheroni alla versione di latino proposta oggi agli studenti del liceo classico nella seconda prova dell’esame di Maturità 2015: Il passo è tratto dal VI libro degli Annales, paragrafo 50, e narra la morte dell’imperatore Tiberio, avvenuta nel 37 d.C. Gli Annalesfurono scritti all’inizio del II secolo d.C. ed erano composti da un numero imprecisato di libri (sedici o diciotto); di questi, si conservano i libri I-IV, un frammento del V, parte del VI e i libri XI-XVI. L’opera comprendeva gli avvenimenti storici dalla morte di Augusto (14 d.C.) fino probabilmente alla morte di Nerone (68 d.C.).

La scelta del ministero è coerente, dal momento che questo autore non veniva scelto dal 2005 ed è affrontato durante l’anno scolastico. I maturandi si sono trovati di fronte a un testo emblematico dello stile tacitiano per la sua paratassi, per le ellissi (es.pavor hinc in omnes), per il gerundivo dativo usato con valore finale, e tuttavia ampiamente accessibile. Il testo è accompagnato da un’introduzione in italiano che aiuta a inquadrare la narrazione e a individuarne i protagonisti.

L’autore sfrutta le sue doti di narratore per ricreare il clima di attesa, sospetto e sorpresa che regnava a palazzo negli ultimi momenti di vita dell’imperatore. I rapporti tra i personaggi sono costruiti sulla finzione: dalla dissimulazione di Tiberio che finge di essere in salute alle voci non verificate che si diffondono in continuazione nella corte sulla sorte del princeps. La figura di Tiberio, seppur nei suoi ultimi momenti, emerge nei tratti essenziali che Tacito gli attribuisce all’interno dell’opera: sospetto, finzione, ira e crudeltà segnano il declino morale dell’imperatore, a cui fa seguito un decadimento di tipo fisico. Dalla narrazione affiora un quadro cupo della corte, luogo di intrighi e di ambizioni personali, tipico della visione tacitiana del potere imperiale. Il senato, dunque, nell’ottica di Tacito, è il centro del tradimento, del servilismo e della finzione: l’adulazione verso il principe cela l’odio covato in segreto nei suoi confronti; quello ritratto da Tacito è un mondo umano dove spesso anche gli impulsi più spontanei devono essere trattenuti o dissimulati.

Previsioni confermate al liceo Scientifico, dove gli studenti impegnati nella seconda prova dell’esame di Maturità 2015 hanno dovuto affrontare una versione di latino tratta dagli Annales di Tacito. Tanti gli studenti che temevano questa scelta da parte del Miur: il 37% dei ragazzi che hanno partecipato nei giorni scorsi a un sondaggio realizzato da Skuola.net avevano infatti ipotizzato il ritorno di Tacito, assente dall’esame di Stato dal lontano 2005. In quell’occasione venne proposto un altro brano degli Annales (capitolo 6, paragrafo 22) che però appare più complesso rispetto a quello che gli studenti hanno dovuto tradurre oggi. “Le cose umane avvengono per volere del destino, per necessità o per caso?” era il titolo del brano presentato dal Miur dieci anni fa e tradotto dalla professoressa Rossana Marconi Arcioni per La Repubblica (clicca qui per leggere il testo e vedere la traduzione)

Un testo difficile che presenta diversi punti critici. Così il latinista Leopoldo Gamberale, intervistato da “ilfattoquotidiano.it”, commenta la versione di latino scelta dal Miur per la seconda prova dell’esame di maturità degli studenti del liceo Classico. “Non sarebbe stato facile anche per gli studenti di vent’anni fa, che erano più preparati sulla traduzione”, spiega l’esperto analizzando le varie difficoltà che il brano presenta, come l’identificazione dei personaggi: “Macrone, ad esempio, prefetto del pretorio, viene citato alcuni capitoli precedentemente, parlando delle trame per la successione di Tiberio, ma qui viene fuori all’improvviso come colui che uccide l’imperatore soffocandolo, peccato che non si capisca da dove spunti. Così come non è chiaro chi sia Caio Cesare, ovvero il futuro imperatore Caligola, perché sui problemi di successione Tacito si è fermato nei capitoli precedenti”, dice Gamberale. Inoltre la traduzione “presenta alcuni punti molto complicati, non tanto per la sintassi, che qui non è al massimo della difficoltà, ma per la stringatezza di alcune frasi”.

L’opera tacitiana cerca di coprire i regni dei quattro imperatori romani succeduti a Cesare Augusto, nello specifico le parti più complete rimaste sono relative agli imperi di Tiberio e Nerone. Il nome dell’opera in realtà non fu data da Tacito, che diede come titolo originale invece “Ab excessu divi Augusti – Dalla morte del Divino Augusto”. In tutte le sue parti viene espresso l’intento filosofico e morale di Tacito, ovvero come per l’autore la necessità del principato sia del tutto giusta e giustificata. Se da un lato Augusto viene elogiato per aver garantito pace allo stato romano dopo anni di guerra civile, dall’altro mostra gli svantaggi di una vita vissuta sotto il dominio dei cesari. Della storia dell’impero, negli Annales Tacito intende anche mostrare il tramonto definitivo della libertà politica dell’aristocrazia senatoriale, che Tacito vedeva moralmente decaduta, corrotta e asservita ai poteri del sovrano. Decisamente la parte che più interesserà da oggi in poi degli Annales è quella relativa a Tiberio, visto il brano scelto per questa seconda prova: Tacito ha forse dedicato il suo ritratto migliore, fatto in maniera indiretta e in cui emerge progressivamente nel corso della narrazione il ritratto morale più che quello fisico. Altro ritratto narrato è quello stravagante di Petronio, il cui fascino, come per Tiberio, sta nelle sue apparenze contraddittorie; ad esempio, Petronio affrontò la morte come un ultimo piacere, dando prova di autocontrollo, coraggio e fermezza. Si oppose all’usanza storica del suicidio teatrale, tanto da parlare con gli amici mentre moriva di argomenti futili: Tacito non ne fa un modello da seguire, ma suggerisce implicitamente che la sua grandezza d’animo fu più solida di quella mostrata da tanti martiri stoici.

In un’intervista del 2005 su Repubblica, una professoressa di Roma commentava in questo modo la versione di Tacito, sempre degli Annales, che era uscita già nel 2005 alla maturità classica: «Un testo molto complesso, forse inadeguato per l’esame di maturità: ardua e con molti risvolti filosofici di difficile interpretazione», questo il giudizio della professoressa di latino. Di certo la sintassi usata da Tacito per i suoi scritti è molto complicata da decifrare, e si aggiunge questa difficoltà allo stile peculiare dell’autore, assai sintetico nell’esprimersi. Ma le difficoltà di traduzione non sono le uniche da affrontare in un testo del grande autore latino, infatti vi sono tutte le implicazioni filosofiche e culturali annesse al testo che lo rendono da un lato molto ricco e interessante, dall’altro complesso da comprendere nella sua totalità. In questo dunque giocheranno molto la preparazione sia in campo di traduzione che in quello storico-filosofico, «Tacito è di norma più complesso di Cicerone, Quintiliano e Seneca, ad esempio», chiosava la prof. nell’intervista: ai maturandi del classico il compito difficile ma stimolante di dimostrare che nonostante le difficoltà si può comunque strappare una buona prova.

Abbiamo in seguito chiesto a tre studenti di lettere classiche dell’Università degli Studi di Milano, Giovanni de Luca, Gabriele Conte e Angelo Mascheroni, di tradurre per il Sussidiario il brano di Tacito. Abbiamo scelto di presentare due versioni dello stesso brano: la prima con una traduzione precisa, puntuale e accurata, la seconda invece è una traduzione intermedia e grezza. Questo per favorire il confronto per gli studenti, tenendo presente che se la loro traduzione si avvicina alla seconda nostra versione il voto rimane sulla sufficienza, se invece mira più verso la nostra prima traduzione allora la votazione salirà e di parecchi punti, clicca sul pulsante >> qui sotto per vedere traduzione “da 6” e quella “da 8”

La prova di quest’anno ha presentato un’ultima novità di quest’anno, che sembra essere un aiuto che il Miur ha offerto per facilitare l’inizio della versione. È stato inserito infatti un’introduzione che indirizza il contesto in cui si muove il brano di Tacito tratto dagli Annales: “Un famoso medico, tastando il polso dell’imperatore Tiberio, ne pronostica la fine imminente: dopo pochi giorni l’imperatore viene creduto morto. Mentre Caligola inizia a guastare le primizie del potere, improvvisamente Tiberio si riprende…”. La seconda prova per il liceo classico stamani ha riservato infatti una bella sorpresa per gli studenti di questa maturità 2015, presentando una versione di Tacito. Plico telematico aperto, password arrivate e seconda prova cominciata per tutti, e subito per gli studenti del classico arriva la mazzata: dopo giorni a tentare di esorcizzare lo spauracchio Tacito, eccolo che si presenta nella traccia di questa seconda prova maturità 2015. Le previsioni sembrano dunque confermate, visto che proprio Tacito era tra gli autori dati per favoriti in questa seconda prova, ma temuto da tutti gli studenti. Il brano proposto è tratto dal libro sesto, paragrafo 50 degli Annales, con a tema “Gli ultimi giorni di Tiberio”. Stile e sintassi complessa di norma nelle opere di Tacito, gli Annales sono di certo il prodotto più interessante e ricco compiuto dal grande autore latino, nonostante sia giunto ai giorni nostri in maniera frammentaria. Di sicuro i maturandi non saranno contenti e dovranno mettersi di buona lena sfruttando bene il dizionario e tutto il tempo a loro disposizione.

Iam Tiberium corpus, iam vires, nondum dissimulatio deserebat: idem animi rigor; sermone ac vultu intentus quaesita interdum comitate quamvis manifestam defectionem tegebat. Mutatisque saepius locis tandem apud promunturium Miseni consedit in villa, cui L. Lucullus quondam dominus. Illic eum adpropinquare supremis tali modo compertum. Erat medicus arte insignis, nomine Charicles, non quidem regere valitudines principis solitus, consilii tamen copiam praebere. Is velut propria ad negotia digrediens et per speciem officii manum complexus pulsum venarum attigit, neque fefellit: nam Tiberius, incertum an offensus tantoque magis iram premens, instaurari epulas iubet discumbitque ultra solitum, quasi honori abeuntis amici tribueret. Charicles tamen labi spiritum nec ultra biduum duraturum Macroni firmavit. Inde cuncta conloquiis inter praesentes, nuntiis apud legatos et exercitus festinabantur. XVII kal. Aprilis interclusa anima creditus est mortalitatem explevisse; et multo gratantum concursu ad capienda imperii primordia C. Caesar egrediebatur, cum repente adfertur redire Tiberio vocem ac visus vocarique qui recreandae defectioni cibum adferrent. Pavor hinc in omnes, et ceteri passim dispergi, se quisque maestum aut nescium fingere; Caesar in silentium fixus a summa spe novissima exspectabat. Macro intrepidus opprimi senem iniectu multae vestis iubet discedique ab limine. Sic Tiberius finivit, octavo et septuagesimo aetatis anno. 

Tacito

Prima traduzione del brano di Tacito diGiovanni de LucaGabriele Conte e Angelo Mascheroni: possibile votazione finale da 6.

 

Ormai il corpo, ormai le forze abbandonavano Tiberio, ma non ancora la dissimulazione: allo stesso modo la freddezza morale; concentrato nel discorso e nel volto, mentre talvolta cercava di ottenere una certa cortesia, nascondeva il deperimento benché fosse chiaro. Avendo cambiato molto spesso luogo, infine si stabilì presso il promontorio di Miseno nella villa che un tempo ebbe come padrone Lucio Lucullo. Là si venne a sapere che si avvicinava alla morte in tale modo. C’era un medico famoso per la tecnica, di nome Caricle, non abituato a curare le malattie dell’imperatore, tuttavia a offrire abbondanza di aiuto. Questo come allontanandosi verso i propri affari e con il pretesto del dovere afferratagli la mano gli tastava il polso. E non lo ingannò: infatti Tiberio, non essendo chiaro se offeso e tanto più trattenendo l’ira, ordina di preparare il banchetto e si mette a tavola più del solito, come se lo attribuisse in onore dell’amico che se ne andava. Caricle tuttavia confermò a Macrone che lo spirito svaniva e che non sarebbe durato più di due giorni. Quindi si affrettavano tutte le cose con colloqui tra i presenti, con messaggeri presso i legati e gli eserciti. Il sedici di marzo si credette che essendosi separata l’anima avesse concluso la sua vita mortale; con grande affluenza di persone che si congratulavano Gaio Cesare saliva ad assumere i principi del potere, quando all’improvviso è riferito che tornava la voce a Tiberio e la vista ed erano chiamati delle persone che portassero del cibo per ristorare il corpo deperito. Da questo momento la paura si diffonde in tutti, e gli altri si disperdono ovunque, e ciascuno si fingeva triste o ignaro; Cesare fermo in silenzio dalla più grande speranza aspettava la morte. Macrone senza esitazione ordina che il vecchio sia soffocato gettandogli sopra molte vesti e di allontanarsi dalla soglia. Così Tiberio morì all’età di settantotto anni.)

Seconda traduzione del brano di Tacito di Giovanni de LucaGabriele Conte e Angelo Mascheroni: possibile votazione finale da 8.

 

Ormai la forza fisica e il vigore abbandonavano Tiberio, ma non veniva meno  la capacità di dissimulazione: lo stesso si può dire della sua durezza d’animo; circospetto nelle parole e nell’espressione, con una sforzata cordialità mascherava la debolezza che pure era evidente. Cambiata molto spesso dimora, si stabilì infine presso il promontorio di Miseno, nella villa che un tempo era appartenuta a Lucio Lucullo. Lì si venne a sapere che si stava avvicinando alla morte in questo modo: vi era un medico, di nome Caricle, noto per la sua perizia, che non era solito prendersi effettivamente cura della salute del principe, ma gli forniva molti consigli. Costui, come se stesse per partire per i propri affari stringendogli la mano con il pretesto di un dovere di etichetta, gli tastò le vene del polso. Non lo ingannò: infatti Tiberio, forse infastidito e reprimendo ancora di più l’ira, ordinò di imbandire il banchetto, e rimase a tavola oltre il normale, come per onorare l’amico che stava partendo. Tuttavia Caricle confermò a Macrone che le forze vitali del principe stavano venendo meno, e che non sarebbe durato più di due giorni. Perciò si affrettarono tutti i provvedimenti, con colloqui tra i presenti e con messaggi ai legati e agli eserciti. Il sedici marzo, poiché il respiro si era interrotto, si credette che Tiberio avesse terminato la sua vita terrena; e Caio Cesare, con un nutrito seguito di persone che si congratulavano, usciva a prendersi i primi attimi del potere, quando all’improvviso fu annunciato che a Tiberio era tornata la voce, che aveva riaperto gli occhi e che chiamava alcuni che gli portassero del cibo per riprendersi dal malore. Da qui uno sgomento generale, molti si dispersero qua e là, ognuno faceva finta di rattristarsi o di non sapere nulla; Cesare, immobile nel silenzio, aspettava – dalla più turpe speranza – gli estremi provvedimenti. Ma Macrone, senza esitazione, ordinò di soffocare il vecchio sotto un grosso mucchio di vesti e di allontanarsi dalla soglia. Così Tiberio morì, all’età di settantotto anni.







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