Caro direttore,
lunedì Marta ha iniziato la quarta elementare: è uscita di casa lanciando delle urla, come fa sempre quando è contenta, e indicando a tutti il grembiule che indossava fiera.
Marta non parla, ha una malattia genetica che le comporta una grave disabilità cognitiva e fisica, però comunica quello che vuole attraverso le sue urla, indicando con la mano o afferrando il braccio di chi ha vicino e trascinandolo a sé.
Il percorso scolastico di Marta non è iniziato puntuale come per gli altri bambini: la sua malattia l’ha costretta a tanti soggiorni in ospedale e a lunghi periodi chiusa in casa.
Così l’avventura della scuola è arrivata poco prima di compiere nove anni, in una delle scuole primarie statali di Bresso. È stato amore a prima vista: le maestre, l’insegnante di sostegno, l’educatrice, ma soprattutto i compagni…Marta adora ciascuno di loro e non appena vede in lontananza la scuola inizia a lanciare urla di gioia.
Anche martedì Marta è arrivata a scuola investendo tutti con le sue risate.
L’altro ieri non è stato però un giorno di scuola come gli altri, perché per Marta non ce ne sarà un altro. La sua educatrice, infatti, inizierà ad affiancarla a partire da settimana prossima perché il Comune non ha ancora attivato il servizio; mentre l’insegnante di sostegno che l’ha seguita negli ultimi anni, benché sia ancora nella stessa scuola, non è stata assegnata a Marta. Eppure si parla sempre di quanto sia importante mantenere la continuità di tali figure, non solo per la bambina ma anche per chi la affianca (non è facile conoscere Marta, capire il suo modo di esprimersi, le sue potenzialità e i suoi limiti, ma ancor di più non è immediato riuscire a conquistarla e a instaurare un rapporto con lei). Invece quest’anno sembra che si debba iniziare da capo e quindi attendere la nomina di un nuovo insegnante, il cui arrivo nessuno può garantire quando effettivamente sarà.
In questo modo Marta non ha nessuno che possa seguirla individualmente in classe e si trova costretta a stare a casa sin dal secondo giorno di scuola.
Ma c’è di più: le ore di sostegno scolastico sono solo dieci, anziché le ventiquattro che le spetterebbero, e le ore di sostegno educativo, da venti che erano lo scorso anno, sono diventate anch’esse dieci.
Che cosa direbbe un genitore che iscrivesse il proprio figlio ad una scuola primaria e anziché 40 ore di frequenza se ne vedesse attribuire 20? Al contrario, che cosa sarebbe di un genitore che decidesse di mandare a scuola il proprio figlio 20 ore invece delle 40 previste? Eppure l’Italia ha il vanto di disporre di una delle leggi più avanzate in tema di inclusione scolastica.
Dunque non mi basta sapere che anche altri bambini e ragazzi sono nella sua stessa situazione e occorrerà come al solito protestare per cercare almeno di ottenere qualche miglioramento. Non cerco una consolazione, ma chiedo che venga rispettato quello di cui mia figlia ha diritto.
Come mamma ho un nodo in gola perché penso a come Marta mi guardava mentre le preparavo lo zaino di scuola: anche se non può parlare, i suoi occhi raccontano il suo mondo… quegli occhi, che si accendono quando è a scuola, non devono smettere di brillare.
Nicoletta Ravasi, mamma di Marta