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Home » Educazione » SCUOLA SENZA MATERIE/ Niente libri, si insegnerà a “cercare su internet”

  • Educazione

SCUOLA SENZA MATERIE/ Niente libri, si insegnerà a “cercare su internet”

Niccolò Magnani
Pubblicato 30 Maggio 2017
papà muore scuola

(LaPresse)

Scuola senza materie: il futuro è già in Finlandia. Ricerche internet, interessi e competenze degli studenti e stampante 3D. Ma chi educa l'apprendimento? Critiche e analisi di un fenomeno

E se nel futuro le scuole fossero tutte senza materie? La provocazione è già realtà in una delle migliori scuole del mondo in Finlandia, Comprehensive School di Hauho (l’equivalente di una scuola media italiana). Un processo scolastico che potrebbe cambiare nel lungo periodo, visti anche i risultati di questa particolare scuola basata sul metodo “dei fenomeni” teorizzato da Kirsti Lonka, docente di Psicologia educativa all’università di Helsinki. Il successo di questo sistema educativo e di apprendimento viene certificato dal Pisa – Organizzazione per la cooperazione economia e lo sviluppo mondiale – che riconosce alla scuola finlandese i gradi della migliore in termini di apprendimento. E tutto questo senza più materie: basta con l’istruzione divisa in compartimenti stagni e stop alle tradizionali categorie dello studio. La “novità” viene data dalle “competenze”, come spiega la stessa docente psicologa: «il metodo dell’apprendimento “basato sui fenomeni” deve fornire agli studenti capacità adeguate per il ventunesimo secolo, come quelle che servono per respingere il cyber-bullismo o che permettono di individuare su internet le notizie false, così come l’abilità di installare un programma anti-virus come quella di collegare al computer una stampante».


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Una scuola nuova, diversa e senza più le classiche materie: può funzionare? Un approccio notevolmente responsabilizzante per gli studenti può far crescere la scuola, pietra essenziale per costruire le nuove società del futuro dopo la grave crisi in cui siamo ancora impregnati? Di certo, la maggiore responsabilità in un mondo di grossa fatica nell’applicarsi in un impegno è un fattore positivo da non scartare, ma il problema è come questa “responsabilità” viene “accesa”: secondo la scuola di Hahuo, l’approccio interdisciplinare prevede tecnologie quotidiane come tablet e telefono in classe per le ricerche, ma anche ricerche dirette temi di stretta attualità. «Più interessante il racconto dopo una ricerca fatta da un alunno di una qualsiasi lezione frontale sul tema dell’immigrazione», raccontano i vertici della scuola tra le più premiate al mondo. Non serve fare le barricate tra pro/contro una nuova scuola, piuttosto serve comprendere quali conseguenze può generare una scuola misurata sempre più sulle competenze del singolo studente.


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Una maggiore responsabilità e un maggiore interesse spesso, anzi sempre, non nasce dentro il singolo ragazzo (come del resto funziona anche per noi adulti) ma ha sempre bisogno di una “introduzione”, di un fascino educativo e culturale che comunica quelle competenze che poi singolarmente ognuno può sviluppare o meno. Un fascino e una autorevole informazione somminsitrata, non è per nulla così “banale” quanto comunicano gli insegnanti, pur con tutti i limiti del caso (e degli stessi docenti). Il rischio, nella scuola dei “fenomeni” e che manchino gli “allenatori” a guardare questi fenomeni. Senza più le materie ma ripiegando tutto in una mossa del singolo studente con le proprie competenze, il rischio è di trovare sempre meno una passione accesa, allevata, educata e sfidata, e sempre più invece una educazione mirata alla maggiore funzionalità ma col rischio di essere privata di un “canale” dove imparare da fonti “sicure”, dove convergere quelle competenze e quei interessi vivi in tutti i giovani di tutte le epoche. Gli insegnanti non scompaiono, sia chiaro, ma togliendo la possibilità di incontrare e accendere un interesse dall’esterno (canalizzando invece solo quanto si scopre su internet) con le varie materie (e i vari insegnanti preposti ad essa) il rischio di una scuola con più risultati ma con meno “anima” è bello che servito…


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