Pare che si tratti di suicidio: un ragazzino di tredici anni, morto lunedì pomeriggio in seguito alla caduta dal quarto piano del palazzo dove abitava, nel quartiere Borzoli a Genova, potrebbe essersi buttato, come reazione ad un litigio avuto con la madre. La donna, che avrebbe assistito alla scena senza poter intervenire, è ricoverata in stato di choc all’ospedale. Ora la polizia, immediatamente intervenuta assieme ai medici del pronto soccorso, ai quali non è rimasto altro che constatare il decesso del ragazzino, si sta occupando del caso per ricostruire la dinamica degli avvenimenti.
Difficile giudicare un fatto del genere: difficile anche mettersi nei panni della mamma, col suo immenso dolore per una morte così apparentemente insensata. Ingiusto anche stigmatizzare il litigio: per migliaia d’anni gli adolescenti hanno litigato con i genitori, e non è mai stato motivo di suicidio. Dal racconto delle cronache si potrebbe desumere che il ragazzino vivesse in una famiglia monoparentale, per usare uno di quegli orribili neologismi da assistenti sociali. È documentato dalla letteratura psicologica che bambini e ragazzi con un solo genitore, nella maggior parte dei casi la mamma, siano più fragili. Ma fino al suicidio? Difficile crederlo.
Questa sciagura cozza contro la nostra idea di infanzia, di adolescenza, di vita contemporanea. Ci è difficile pensare, ad esempio, che persone così piccole possano essere depresse, fino a togliersi la vita. Oppure che siano così lontane da una percezione veritiera della realtà da morire: e se la caduta del balcone fosse stato proprio un caso del genere? Una minaccia finita in tragedia? Non lo sappiamo, ma sentiamo quanto assurda e fuori da ogni logica sia questa disgrazia. Il male vasto e strisciante del mondo d’oggi, con i suoi milioni di depressi, di fragili, di poveretti, siamo propensi ad accostarlo al mondo adulto. Quando veniamo a conoscenza di queste notizie, è come se quello stesso mondo malato ci crollasse addosso. Non ci sembra possibile che lo stesso male stia toccando i nostri piccoli, i nostri figlioli. A ben vedere, avvertiamo tutti come un grande pericolo stia strisciando verso noi, e sentiamo che è senza controllo. Penso infatti a tutti i genitori che, avendo un figlio di tredici anni, hanno letto questa notizia: come faranno adesso a sgridarlo? Ma possono non farlo? Chi ci aiuterà in questo?