EFFETTO UCRAINA SULL’ITALIA/ Dal Pnrr al patto di stabilità, ecco cosa rischiamo

- int. Domenico Lombardi

La crisi determinata dalla situazione geopolitica rischia di essere più grave di quella da Covid. Occorrono quindi interventi più coraggiosi rispetto a due anni fa

vonderleyen draghi 1 lapresse1280 640x300 Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, con Mario Draghi (LaPresse)

A circa un mese dall’invasione russa dell’Ucraina, la Commissione europea ha varato un nuovo quadro temporaneo per gli aiuti di Stato con cui cercare di fronteggiare le conseguenze economiche negative del conflitto, a partire dai rincari energetici.

Come evidenzia Domenico Lombardi, economista ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, la comunicazione di Bruxelles di mercoledì ha quattro finalità: “Fornire liquidità tramite prestiti agevolati e garanzie statali, come nel caso del precedente quadro temporaneo del 2020 contro la crisi causata dal Covid. Dotare di supporto le imprese: quelle colpite da sanzioni o contro-sanzioni e quelle che devono supportare costi aggiuntivi dovuti ai rincari energetici; infine, compensarle anche per le difficoltà generali del momento, riconoscendo, quindi, che la crisi compromette il quadro macroeconomico generale. Non va comunque dimenticato che questo è un quadro generale tracciato dalla Commissione e sta, poi, ai singoli Stati declinarne le modalità attuative”.

Questo cosa vuol dire di fatto per l’Italia?

L’aspetto più critico è che si tratta di iniziative che avranno nella maggior parte dei casi un risvolto di finanza pubblica. Considerando che abbiamo un rapporto debito/Pil al 155%, cresciuto di venti punti percentuali dallo scoppio della pandemia, la nostra situazione è più problematica rispetto a quella di altri Paesi. Sarà poi importante cercare di evitare il ripetersi delle criticità emerse nel 2020, come la lentezza nell’erogazione degli aiuti, che ha penalizzato le micro imprese e creato una dicotomia tra i lavoratori dipendenti protetti e quelli autonomi meno tutelati. C’è stata, anche, una certa difficoltà per le banche nel conciliare l’erogazione degli aiuti che ci si aspettava da loro con il quadro regolamentare cui sono sottoposte. Nel momento in cui si andranno a compensare le imprese per i rincari energetici, occorrerà cercare, al contempo, di diversificare il mix di fonti energetiche e i Paesi di approvvigionamento per ridurre in modo significativo la nostra dipendenza dal gas russo. 

Dunque, il quadro temporaneo serve fino a un certo punto se poi i singoli Stati non hanno le risorse per finanziare gli aiuti che vengono consentiti…

Esatto. Si tratta di un quadro di interventi che poi gli Stati dovranno declinare nel modo più consono e anche finanziare in larga misura. Dobbiamo essere consapevoli di questo; soprattutto è necessario che, nello scaricare a terra queste iniziative, si riesca a riformare e modernizzare l’economia italiana. In questo senso sarebbe, a mio avviso, necessario aggiornare il Pnrr alla luce della nuova situazione per renderlo uno strumento ancora più incisivo proprio per facilitare questa modernizzazione. Non dobbiamo sottovalutare l’impatto che due shock di queste dimensioni, la pandemia e la guerra in corso, possono avere sulla nostra economia, compromettendone in modo significativo le prospettive di crescita.

Il Pnrr ha quindi ancora senso? Va rivisto?

A mio avviso è assolutamente necessaria una revisione, non foss’altro per capire cosa al suo interno può essere mantenuto o minimamente revisionato e cosa invece va emendato alla luce della situazione attuale. Rifiutarsi di farlo credo non giovi alla nostra economia che deve affrontare un’altra, pesante sfida.

Draghi, riferendo in Parlamento prima del Consiglio europeo, ha detto che l’Europa deve prendere decisioni ambiziose che possano essere rapidamente operative. Ma, alla luce di quello che stiamo dicendo, queste non possono essere limitate a energia e difesa.

Il quadro tracciato dalla Commissione è un’iniziativa sicuramente utile e apprezzabile, ma occorre fornire a questi interventi una trazione che da soli gli Stati, soprattutto quelli più vulnerabili, difficilmente riusciranno a generare senza l’aiuto di iniziative all’altezza della situazione. Considerando, oltretutto, che gli effetti della crisi cominciano ora a malapena a intravvedersi rispetto a quello che sarà l’impatto complessivo pluriennale, occorre considerare la possibilità di mettere in campo iniziative straordinarie europee, com’è stato fatto ai tempi della pandemia.

Bastano, però, interventi analoghi a quelli già utilizzati, considerando che allora è scesa in campo anche la Bce con il programma Pepp, mentre oggi si prepara a ridurre fino all’azzeramento gli acquisti netti di titoli di stato?

In effetti due anni fa la politica fiscale espansiva è stata rafforzata da una politica monetaria altrettanto espansiva. Nell’ultima riunione del Consiglio direttivo della Bce è stato, invece, chiaramente avviato un percorso di normalizzazione della politica monetaria, a mio avviso in modo prematuro, senza tenere adeguatamente in conto le incertezze legate alla crisi geopolitica in atto. Di fatto, questo significa che tutto il peso, o la maggior parte di esso, della stabilizzazione ricadrà sulla politica fiscale. E per un Paese come l’Italia ciò rappresenta un ulteriore problema.

A maggior ragione l’Europa non può, quindi, pensare a un intervento come quello di due anni fa: dovrebbe quanto meno fare qualcosa di più.

Credo che occorrano tre tipologie di intervento. Da un lato, va ricalibrato il Pnrr alla luce della nuova situazione. Dall’altro, occorre mettere in campo nuove iniziative sul solco del Next Generation Eu. Infine, va data maggiore certezza al quadro di politica fiscale nazionale su cui ancora non si hanno elementi. Avere, infatti, certezze sul futuro del Patto di stabilità e crescita, ovviamente in direzione non restrittiva, risulterebbe importante per rendere più incisivo il Pnrr e i fondi europei ad esso collegati. Ritengo, infine, che non vada sottovalutato l’impatto economico di questa crisi geopolitica, con conseguenze strutturali e in larga parte irreversibili che si tradurranno anche in un’ulteriore segmentazione dell’economia globale, in un accorciamento e regionalizzazione delle catene di valore, determinando, quindi, ulteriori costi di ristrutturazione per le imprese.

Il fattore tempo è quindi cruciale.

A questo proposito va rilevato che mentre nel caso della pandemia l’Europa era stata sorpresa da questa emergenza e ha fatto prevalere la solidarietà, ora sembra che si stenti a ritrovarla, nel senso che, a distanza di un mese dallo scoppio della guerra, ancora non sono state messe in campo iniziative straordinarie. È indicativo, a questo proposito, che la Germania abbia annunciato unilateralmente la decisione storica del proprio riarmo, senza alcuna concertazione con gli alleati europei.

Forse è anche perché non tutti i Paesi sono colpiti allo stesso modo. Basta pensare agli spazi di manovra di bilancio che ha a disposizione la Germania o alla sostanziale indipendenza dal gas russo della Francia

L’Italia, invece, è molto dipendente dal gas russo, ha settori come il lusso, la metalmeccanica o il turismo che subiscono i contraccolpi delle sanzioni, ha alcune banche tra le più esposte tra quelle europee alla Russia e ha uno spazio di manovra fiscale limitato. Il sentiero per noi è quindi molto stretto ed è assolutamente necessario evitare di commettere errori, anche perché veniamo da una crisi che ha già messo in forte difficoltà la nostra economia.

(Lorenzo Torrisi)

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