La famiglia di Emanuela Orlandi respinge con forza la pista delle presunte molestie da parte dello zio oggi defunto, Mario Meneguzzi, al centro di un recente servizio del TgLa7 e proposto come scenario inedito alla stampa. Nel corso di una conferenza stampa tenutasi ieri, 11 luglio, Pietro e Natalina Orlandi, fratello e sorella della 15enne scomparsa il 22 giugno 1983, hanno smentito pubblicamente che si tratti di una questione inedita e capace di imprimere una svolta nel caso. Secondo quanto riportato del servizio giornalistico andato in onda nell’edizione del tg delle 20, il 10 luglio scorso, la Procura di Roma avrebbe ricevuto un carteggio dal Vaticano, nell’ambito della nuova inchiesta, in cui si farebbe riferimento proprio a Natalina Orlandi e alla sua confessione su attenzioni ricevute dallo zio, marito di Lucia Orlandi sorella del padre Ercole.
Secondo i familiari di Emanuela Orlandi, quanto diffuso in tv rappresenterebbe un nuovo tentativo di depistaggio per spostare l’asse da piste come Vaticano e Magliana a quella, in realtà già vagliata e scartata decenni fa per assenza di elementi, familiare. Un modo subdolo, ha sottolineato Pietro Orlandi, per scaricare sulla famiglia la responsabilità della sparizione della ragazza. Ed è stata proprio Natalina Orlandi a chiarire i contorni del suo rapporto con lo zio, dichiarando apertamente che la faccenda, agli atti dagli anni ’80 ma risalente al 1978, non ha nulla a che vedere con il sequestro di sua sorella e non ha alcuna proporzione degna di nota. L’avvocato della famiglia Orlandi, Laura Sgrò, ha criticato aspramente contenuti e modalità con cui è stato confezionato il servizio lanciato da Mentana: “Quello che è successo ieri (nel TgLa7 del 10 luglio, ndr) meritava certamente un approfondimento (…) perché ieri si è fatta macelleria della vita delle persone. Abbiamo appreso dal Tg di La7 delle 20 che sarebbe tornata in auge una pista che attribuirebbe delle responsabilità sulla sparizione di Emanuela allo zio, signor Meneguzzi, scomparso e senza più possibilità di difendersi. Si è fatta l’ipotesi di indagini non svolte da un eccellente magistrato, dottor Sica, scomparso anche lui e che non può quindi difendersi in questo contesto, e sono stati raccontati fatti privati, privatissimi, molto delicati, di Natalina Orlandi. La sua vita è stata messa in piazza e macellata senza che le venisse concesso il diritto di replica”.
Emanuela Orlandi e la pista dello zio: la sorella Natalina smentisce lo “scoop”
La conferenza stampa per chiarire la questione della presunta pista familiare dietro il sequestro di Emanuela Orlandi, in particolare quella che vedrebbe al centro lo zio defunto Mario Meneguzzi e le presunte molestie alla nipote Natalina Orlandi, sorella della 15enne scomparsa nel 1983, è stata fortemente voluta dalla famiglia come atto necessario a dissipare le ombre montate intorno a quello che, subito dopo il servizio andato in onda nel TgLa7 delle 20 del 10 luglio scorso, ha assunto il profilo di uno scenario inedito e potenzialmente utile a portare ad una svolta. L’avvocato Sgrò, legale dei familiari, ha introdotto gli interventi di Pietro e Natalina Orlandi sottolineando la particolarità del momento quando, nelle aule della politica, l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta rischia di arenarsi: “Questa storia ieri è stata venduta malamente alla stampa parlando di documenti inediti quando dell’esistenza noi eravamo a conoscenza da anni. Non si tratta di carte impolverate’, di notizie eclatanti, ma si tratta di cose che erano a conoscenza di noi tutti. La domanda che ci siamo posti è ‘erano queste le carte impolverate di cui parlava la procura vaticana?’. Perché, invece di essere messe all’attenzione degli inquirenti, sono state piazzate alla stampa in questa maniera, senza rispetto per la famiglia? Siamo qui perché è giusto che parli Natalina“.
La sorella di Emanuela Orlandi ha deciso di parlare pubblicamente per spiegare i contorni della presunta pista dello zio: “Per prima cosa non esiste stupro, è una cosa che risale al ’78. Io e mio zio lavoravamo insieme e ha fatto delle semplici avances verbali, piccolo regalo… Ma quando ha capito che non c’era nessun tipo di possibilità è finita lì. Indubbiamente i primi giorni sono rimasta scossa e la prima persona con cui ho parlato è stata Andra, mio fidanzato e adesso marito. Lo sapevamo io e lui, non sarei mai andata a parlarne con mio padre, anche perché è stata una cosa talmente veloce che si è chiusa in poco tempo. L’unica persona con cui mi sono confidata poi è stata il nostro padre spirituale (lo stesso sacerdote che, destinatario di una lettera dell’allora segretario di Stato vaticano Agostino Casaroli, parte del carteggio del settembre 1983, avrebbe confermato alla Santa Sede di essere venuto a conoscenza delle presunte molestie proprio da Natalina Orlandi, ndr). Questo è stato il grande rapporto che c’è stato con mio zio. Vagliato, come giusto che sia, ma finito lì. Non c’è stato altro infatti le nostre famiglie, che erano e sono molto legate, hanno continuato a convivere come se niente fosse. A me interessa che questa cosa che è uscita ieri vede una moglie 90enne, di mio, a cui io sono legatissima, e i suoi figli che non sapevano niente perché questa cosa me la sono tenuta per me, Andrea e l’assistente spirituale (…) Forse è stato lo scivolone di un uomo 50enne, all’epoca io avevo 21 anni. In procura lo sapevano, i magistrati pure, abbiamo concordato di non dire nulla a papà per non dargli altro dolore per una cosa vecchia e finita. So che hanno fatto indagini, hanno controllato tutti e non hanno riscontrato assolutamente nulla. Adesso che si venga a dire che questo è lo scoop del momento, la cosa eclatante che risolverà il caso, sfido a risolverlo anche perché il Vaticano tutto sapeva questa cosa”.
Pietro Orlandi: “Carogne. Identikit confrontato con la foto di mio zio? Impossibile che fosse a Roma quel giorno”
Pietro Orlandi, presente in conferenza stampa per parlare della presunta “pista dello zio” dietro la scomparsa della sorella Emanuela, ha ribadito la sua indignazione dopo aver preso posizione sui social con un chiaro “Hanno superato il limite“. “Quando ho sentito la notizia, quando ho ascoltato Mentana che quasi con gli occhi gioiosi ha raccontato questo fatto, la prima cosa che ho pensato è stata ‘Che carogne’. Ho pensato alle falsità che hanno detto tirandole fuori come ‘scoop’, la novità appena uscita, come se fosse la verità assoluta. L’ho visto come un modo di scaricare qualunque tipo di responsabilità che ci poteva essere in Vaticano addirittura sulla famiglia. ‘Documenti appena usciti’? Ma che indagine fanno in Procura? Se gli inquirenti avessero questo sospetto nell’ambito familiare, la prima cosa che dovrebbero fare è convocare i protagonisti di questa presunta ipotesi e interrogarli. Chiedere a Natalina se le cose sono andate in quel modo, chiamare i figli di mio zio per sapere se stavano a Roma quel giorno. Invece niente, non hanno ascoltato nessuno (…)”.
Pietro Orlandi ha sottolineato che la presunta pista familiare “è stata già indagata all’epoca” e non c’è stato alcun riscontro. “Quando ieri hanno fatto vedere nel servizio addirittura la foto di mio zio confrontata col famoso identikit della persona che avrebbe fermato Emanuela davanti al Senaro in Corso Rinascimento… già quello fa crollare tutta questa ipotesi perché, confermato da noi e dalla procura all’epoca, mio zio con tutta la sua famiglia quel giorno stava in vacanza lontanissimo da Roma. Mio padre, quando è sparita Emanuela, ha telefonato subito a mio zio che stava fuori per chiedergli aiuto (…). Dal momento che all’epoca la procura ha chiuso questa indagine con un nulla di fatto, tu perché adesso la tiri fuori? Questa cosa mi ha mandato in bestia. Non so chi l’ha fatta uscire, so solo che Mentana, giorni fa, si è permesso di dire ‘faccio un appello a tutti i senatori, a tutti i deputati, affinché presentino una mozione perché questa inutile Commissione venga cassata“. Il sospetto di Pietro Orlandi è che la fantomatica pista delle molestie in famiglia sia stata proposta all’opinione pubblica con un tempismo chirurgico proprio in un momento cruciale per l’eventuale avvio della commissione parlamentare di inchiesta. “Perché hanno fatto uscire questa notizia? Questo è il mio pensiero e me ne prendo le responsabilità: perché il Vaticano sta trovando il modo di scaricare qualunque tipo di responsabilità su altri. E l’ha fatto nel peggiore dei modi, tentando di scaricare addirittura sulla famiglia“. Pietro Orlandi ha lanciato infine un messaggio alle istituzioni: “Io faccio un appello ai senatori che in questi giorni devono votare la commissione. Mi auguro che abbiano capito il senso della stessa, perché gli italiani vogliono un po’ di giustizia, mi appello a loro perché con questa commissione parlamentare si può arrivare a capire cosa è successo”.