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Home » Esteri » IRACHENI IN FUGA/ “Profughi in gravi condizioni, ora è a rischio anche la Giordania”

  • Esteri

IRACHENI IN FUGA/ “Profughi in gravi condizioni, ora è a rischio anche la Giordania”

Int. Simon Suweis
Pubblicato 20 Agosto 2014
palestina_campoprofughi_bambiniR439

Infophoto

Il cooperante Avsi SIMON SUWEIS parla dell'emergenza dei profughi iracheni in cerca di rifugio in Giordania, ma al momento solo in mille hanno il permesso di entrare in territorio giordano

Mentre l’esercito iracheno e curdo lanciano la controffensiva ai terroristi dello Stato Islamico, sono oltre 100mila gli iracheni cristiani e di altri credo messi in fuga dalla violenza dei guerriglieri dell’Isis. La controavanzata irachena e curda prosegue nel nord del Paese, e punta dritta a Mosul e Tikrit. Il territorio del nord Iraq è un campo di battaglia e l’emergenza umanitaria dei profughi rimane altissima: gran parte di loro si sta dirigendo verso la Giordania per trovare rifugio. Proprio in Giordania abbiamo parlato con Simon Suweis, cooperante di Avsi.


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L’avanzata dell’Isis in Iraq ha messo in fuga centinaia di migliaia  di iracheni cristiani e di altre fedi, che ora stanno cercando rifugio in Giordania. Lei è lì: qual è la situazione?

I profughi sono in massima difficoltà. Dalle notizie che abbiamo ricevuto la loro condizione è di totale emergenza: la loro sopravvivenza è a rischio. La Charitas, che sta cercando di capire come riuscire a portare qui in Giordania gli iracheni più in pericolo, ha ottenuto il permesso dal governo per mille persone: il primo gruppo è già arrivato. Charitas Giordania ha condotto il trasporto e ha  sistemato i profughi presso l’Our Lady Of Peace, un centro d’accoglienza per disabili (poco distante da Amman, con molte camere) in cui è partner di Avsi.


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Ma di quante persone parliamo?

Più di 85.

E tutte le altre?

Il governo della Giordania, al momento, ha dato il permesso per mille persone. E ora possiamo farli arrivare qui, poco a poco, via aerea: non ci sono altri modi percorribili.

Via terra?

No: troppo pericoloso, i profughi rischierebbero di morire. I terroristi sono appostati e non ancora stanati. Se ci sarà uno smantellamento delle loro postazioni allora si potrà pensare a questa strada. L’obbiettivo, ovviamente, è di poterli portare – e tutti – dentro i confini giordani. Ma ci sono anche altri problemi da risolvere…

Quali?


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Anzitutto trovar loro un alloggio, più che il cibo. Oltre alle case, pensare all’educazione dei bambini: Avsi sta lavorando per sistemare gli ultimi iracheni arrivati presso le scuole del patriarcato latino.

Chi è riuscito a mettere piedi in Giordania in che condizioni è arrivato?

La maggioranza di loro – e di coloro che devono ancora arrivare – è ferita profondamente nell’animo. In più c’è chi ha subito delle violenze molto gravi. Si tratta di persone che sono uscite di corsa dalle loro case, senza prendere niente con sé, per salvarsi la vita. E non tutti ci sono riusciti. C’è anche chi avrebbe preferito morire dentro la propria terra ed è stato “forzato” a fuggire. Chi è rimasto, invece, è stato ucciso. La situazione, per esempio a Erbil, è davvero molto critica.

Servirebbe un aiuto concreto dalla Comunità internazionale?

Sì, e invece è tutto fermo, o quasi: quando l’emergenza umanitaria è stata in Siria si è agito in fretta e furia, mentre adesso nessuno si sta comportando come in quell’occasione. Si devono fare accordi a livello internazionale per portare più gente e in meno tempo. Ma il tutto è da contestualizzare in un Paese come la Giordania, già soffocato da un altissimo numero di profughi e povero di acqua.

 

Qual è la situazione?

L’accoglienza che stiamo dando cerca di alleviare il dolore, ma la ferita di quello che è successo (e sta succedendo) è profonda: il segno non se ne va via, rimane dentro. Ho vissuto nel 1967 la guerra dei sei giorni fra Israele e Giordania e nel 1970 quella civile fra palestinesi e giordani: sto vedendo le stesse difficoltà e la stessa malvagità, se non addirittura maggiori. È una cosa che addolora enormemente: solo con la fede – che in queste situazioni diventa più “vera” – si riesce a sopportare tutto questo; nella preghiera si trova il coraggio. C’è chi pensa e ha paura che ora toccherà proprio alla Giordania subire l’ondata dell’Isis, ma nonostante questo grande timore i giordani vogliono accogliere i bisognosi dentro le loro case.

 

(Fabio Franchini)


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