“Un accordo con molti punti interrogativi, in quanto non ci sono reali garanzie che l’Iran rispetterà gli effettivi termini decisi insieme alla comunità internazionale”. Lo afferma Michael Herzog, analista strategico israeliano e international fellow del Washington Institute for Near East Policy. Nel giorno dell’accordo sul nucleare iraniano, il premier Benjamin Netanyahu ha sottolineato che “Israele chiede che ogni accordo finale con Teheran comprenda un impegno dell’Iran, chiaro e senza ambiguità, per il riconoscimento al diritto all’esistenza d’Israele”, aggiungendo che “un accordo basato su questa cornice è una minaccia alla sopravvivenza d’Israele”.
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Che cosa ne pensa dei contenuti di questo accordo?
Dagli aspetti conosciuti ci sono aspetti negativi mescolati con altri positivi, ma soprattutto restano molti punti in sospeso. Sul lato positivo noto gli specifici impegni assunti dall’Iran con questo accordo, che qualora implementati ridurranno la pericolosità di Tehran. Questo accordo congela la situazione per un periodo lungo quantomeno dieci anni. Dall’altra se si producesse una situazione nella quale l’Iran decidesse di violare gli accordi non con una singola azione improvvisa ma con tanti piccoli passi, uno sempre più grave dell’altro, sarebbe difficile riuscire a fermarlo.
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In che senso?
Questo programma lascia intatte le potenzialità dell’Iran in campo nucleare, limitandosi a sottoporle a una supervisione, mentre non è previsto che siano smantellate o distrutte. Il mio sospetto è che le scorte di uranio siano state portate fuori dal Paese per sottrarle ai controlli. L’Iran consentirà inoltre di effettuare ricerche sui suoi documenti, ma in forma limitata, e questo permetterà a Tehran di continuare a sviluppare nuove modalità per sfuggire ai controlli.
Che cosa ne pensa delle misure di deterrenza messe in campo nei confronti dell’Iran?
L’accordo fornisce risposte allo scenario di un’improvvisa mossa a sorpresa da parte di Tehran. Non basta però nei casi di violazioni più subdole e meno dirette, ma non per questo meno pericolose. Per affrontare questo scenario sono necessari alcuni elementi base. In primo luogo ispezioni capillari, in modo che non appena si provi in modo definitivo che l’Iran sta raggiungendo il protocollo aggiuntivo non ci sia la possibilità da parte di Tehran di “sfidare” gli ispettori. In secondo luogo non c’è un sufficiente deterrente nei confronti del sostegno dell’Iran al terrorismo.
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Per Netanyahu un accordo finale basato sugli attuali elementi “minaccerà la sopravvivenza di Israele”. Il premier è realmente preoccupato o vuole utilizzare un’eventuale minaccia per scopi politici?
Le sue preoccupazioni sono genuine, non si tratta di un gioco politico. In Israele c’è un consenso molto forte sulle preoccupazioni espresse da Netanyahu, perché il nostro Paese si sente direttamente minacciato da parte dell’Iran. Si sentono continue minacce di una distruzione di Israele, anche da parte dello stesso Ali Khamenei che di recente ha pubblicato su Twitter un piano chiamato “Nove modi per distruggere Israele”. Altri funzionari iraniani di primo piano hanno parlato di eliminare Israele. E’ per questo che i cittadini israeliani si sentono direttamente minacciati da un accordo che essenzialmente legittima l’Iran come uno Stato “sulla soglia del nucleare”. E’ possibile discutere sui dettagli, ma non mettere in dubbio le reali preoccupazioni di chi vive nel mio Paese.
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Israele dispone dell’atomica e non ha mai firmato il trattato di non proliferazione nucleare. Come può criticare l’Iran?
In questo caso c’è un’ovvia asimmetria, e non mi riferisco alle maggiori o minori capacità militari di Israele, bensì in termini politico-strategici. Israele è un piccolo Stato che non minaccia l’esistenza di nessuno. Al contrario la sua esistenza è costantemente minacciata fin dalla sua fondazione nel 1948. Gli iraniani hanno più volte invocato la sua distruzione, al punto che l’ex presidente Akbar Rafsanjani ha dichiarato che basterebbe una sola bomba per eliminarlo dalla faccia della terra. Il punto è che l’Iran sta sviluppando le potenzialità per mettere in atto questo progetto.
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(Pietro Vernizzi)