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Home » Esteri » Africa » CAOS LIBIA/ Parigi sente la pressione italiana, è ora di parlare con Gheddafi jr.

  • Africa
  • Esteri

CAOS LIBIA/ Parigi sente la pressione italiana, è ora di parlare con Gheddafi jr.

Int. Marco Bertolini
Pubblicato 23 Novembre 2018
libia_khalifa_haftar_lapresse_2018

Il generale Khalifa Haftar (LaPresse)

Spiragli di cambiamento sullo scenario libico? La Francia manda messaggi amichevoli all'Italia mentre l'Onu ottiene risultati. E il figlio di Gheddafi...

“La rivalità non esisteva neanche prima di Palermo”, ha detto l’ambasciatore francese a Roma, Christian Masset parlando a un Forum dell’Ansa “la conferenza di Palermo è stata la dimostrazione che non c’è rivalità tra Italia e Francia: La Francia è stata al fianco dell’Italia condividendo l’obiettivo della stabilità che serve al popolo libico e lavorando insieme”. Ci sarebbe più di qualcosa da obiettare, ma, come ci ha detto in questa conversazione il generale Marco Bertolini, “un diplomatico è un diplomatico e non ci si può aspettare da lui la verità”. Che invece Macron abbia deciso un cambio di linea?


RAPIMENTO SILVIA ROMANO/ L’esperto: sullo sfondo c’è lo scontro tra Isis e al Qaeda


Che cosa ne pensa delle parole dell’ambasciatore francese?

Neanche prima della conferenza di Palermo un ambasciatore avrebbe detto il contrario, è una dichiarazione da ambasciatore cioè diplomatica. Credo sia presto per immaginare che ci possa essere un cambio da parte di Macron. I fatti sono quello che conta.

E sarebbe?

Fino a oggi Macron ha avuto una posizione non conflittuale ma certamente non in linea con noi. E’ anche vero che a Palermo la Francia ha partecipato con una presenza di peso a differenza di tanti altri paesi, ma soprattutto lo ha fatto per l’interesse sulla Libia che per la Francia rimane importante.

Da Palermo cosa è uscito di concreto?

Credo che il bilancio, come hanno sottolineato in molti, è il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. L’Italia ha fatto vedere che è determinata a tutelare i suoi interessi, ha alzato un po’ la voce, in un’area che per noi è strategica. E’ però vero che non si è giunti alla firma di alcun documento comune, con Haftar che è rimasto fuori della porta, però è venuto. Può essere un passo importante. Si vedrà se il nostro governo confermerà il suo interesse nell’aria e una volontà di incidere anche in futuro. Il fatto che ci fossero Haftar, le delegazioni da Tripoli e altri paesi potrà portare qualche risultato.

L’ambasciatore francese ha sottolineato come il piano dell’Onu stia cominciando a dare dei risultati, muovendosi dal basso, incontrando tribù e esponenti della società civile, è così?

Sicuramente. Noi ci siamo abituati a parlare dell’uomo forte della Cirenaica, Haftar e di quello di Tripoli, Sarraj. Ma non c’è dubbio che non sono solo loro gli interlocutori. Misurata ad esempio, che è alleata di Sarraj ma ha una sua strategia non sempre allineata con lui. Bisogna tener conto delle tribù che ci sono nel sud, che aprono e chiudono la porta ai migranti. Bisogna tener conto di Saim al-Islam Gheddafi, protetto da Haftar e che pare stia tornando in auge come possibile interlocutore nel futuro. Tanti gli attori, bisogna parlare con tutti. Ogni passo che porta a trattare è sicuramente positivo.

Che ne pensa dell’assalto dei soldati libici alla nave Ong Nivin che con la forza hanno fatto sbarcare e rinchiuso un’ottantina di migranti? Qualcuno ha detto che dietro a questa operazione c’è Salvini…

La Libia nonostante i problemi che ha cerca di esercitare la propria sovranità: la guerra alla Libia risale al 2011, sette anni dopo che si cerchi in qualche maniera nonostante la divisione a esercitare il controllo sulle acque territoriali mi sembra positivo, mentre accusare Salvini sul caso Nivin mi sembra un po’ eccessivo.


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