L’accordo di cooperazione fra l’ex capo della campagna elettorale di Trump, Paul Manafort, e il procuratore speciale Robert Mueller, potrebbe essere una delle chiavi per fare luce sul cosiddetto Russiagate, le interferenze dei russi nella campagna del 2016 ai danni della candidata Hillary Clinton. Manafort è senza dubbio il testimone più importante fino ad oggi di questa vicenda, avendo curato le elezioni del tycoon nei tre mesi chiave dell’estate di due anni fa, quando si presume avvenne l’attacco informatico ai danni del server del Partito Democratico, e quando si tenne il famoso incontro alla Trump Tower fra il figlio del presidente, il genero, lo stesso Manafort, e alcuni cittadini russi, durante il quale vennero offerte informazioni che avrebbero potuto danneggiare la moglie di Clinton. Manafort, come sottolinea Il Post, ha siglato un accordo con Mueller in cui si impegna a rispondere «completamente, onestamente, esaustivamente e direttamente» a qualsiasi domanda gli verrà posta, e Trump trema… (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
CONFERMATO LO SCOOP DEL WASHINGTON POST
Lo scoop sull’accordo tra Paul Manafort e il tribunale e soprattutto la sua dichiarazione di colpevolezza era stato anticipato dal Washington Post, con il giornale di riferimento della Capitale statunitense che ha vinto di nuovo la sfida a distanza col rivale New York Times, sul caso Manafort più volte battuto sul tempo. Sembra che non ci sarà coinvolgimento per Donald Trump riguardo le confessioni di Manafort, ma sempre il Washington Post ha sottolineato come i dettagli della collaborazione col procuratore Robert Mueller da parte dell’ex manager della campagna presidenziale dell’attuale Presidente degli Stati Uniti non sono ancora resi noti: non si possono escludere dunque sorprese dell’ultim’ora per Trump, che continua a monitorare con una certa preoccupazione la vicenda. (agg. di Fabio Belli)
ACCORDO NON RIGUARDA TRUMP
Il cerchio si stringe attorno a Donald Trump? Non ancora, ma certamente la notizia odierna, ovvero che Paul Manafort, colui che sarebbe ancora uno dei suoi fedelissimi, si dichiarerà colpevole dei reati di cospirazione contro gli Stati Uniti e anche per ostacolare la giustizia rappresenta una grana di non poco conto per il Presidente degli Stati Uniti, specialmente nel lungo braccio di ferro ingaggiato oramai da tempo coil procuratore Robert Mueller, chiamato a indagare sul caso Russiagate. Come spiegano dalla Casa Bianca, l’accordo raggiunto proprio da Manafort, che ha lavorato alle scorse elezioni presidenziali come campaign manager per The Donald, col superprocuratore non avrebbe nulla a che fare con la vittoria del 2016: lo stesso Manafort sarebbe indeciso se collaborare con Mueller e probabilmente inguaiare il magnate di New York (agg. di R. G. Flore)
PAUL MANAFORT SI DICHIARA COLPEVOLE
Nuovi guai per il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Quest’oggi l’ex capo della campagna elettorale del presidente, Paul Manafort, si è dichiarato colpevole in tribunale di due capi di imputazione: cospirazione contro gli Stati Uniti e cospirazione per ostacolare la giustizia. Come riferito dall’agenzia Ansa, Manafort ha ottenuto in tale modo un accordo di cooperazione con il procuratore Robert Mueller, che da tempo indaga sulla questione Russiagate. La Casa Bianca ha commentato la notizia prendendo le distanze dall’ex collaboratore del tycoon: «Non ha nulla a che fare con il presidente o con la sua vittoriosa campagna presidenziale del 2016».
TERRA BRUCIATA ATTORNO A TRUMP
Resta il fatto che Manafort è il quinto uomo vicino al presidente degli Stati Uniti ad essersi dichiarato colpevole nell’inchiesta Russiagate, dopo che lo stesso era già stato condannato per frode ed evasione fiscale per 16 milioni di dollari, facendo consulenza in Ucraina. Il procuratore Mueller sta di fatto facendo terra bruciata attorno a Trump e alla sua presunta collaborazione con la Russia in occasione della campagna elettorale di due anni fa, e spera ovviamente di arrivare al “pesce grosso” in poco tempo. Non è chiaro se Manafort collaborerà con Mueller nell’inchiesta: in quel caso sarebbe il secondo collaboratore dopo Michael Cohen, l’ex avvocato di Trump costituitosi poche settimane fa.