Molly Russell, 14enne suicida: padre accusa Instagram/ “Spinta a uccidersi, seguiva pagine sulla depressione”

- Emanuela Longo

Molly Russell, 14enne suicida: il padre accusa Instagram: "L'ha spinta ad uccidersi". Tutta colpa di pagine, profili e hashtag sulla depressione

Molly Russell, 14enne suicida Molly Russell, 14enne suicida (Foto Twitter)

Molly Russell aveva 14 anni quando, una sera del 2017, si suicidò lasciando un vuoto incolmabile presso i suoi genitori che ancora oggi continuano a chiedersi cosa l’abbia spinta a togliersi la vita. Solo dopo aver iniziato a guardare i suoi profili social, però, sono iniziati ad emergere i primi campanelli di allarme, seppur tardivi. In particolare Instagram, uno dei social tra i più amati dai ragazzini, sarebbe ora finito al centro dell’attenzione. Anche Molly, come molti suoi coetanei, ne era una grande frequentatrice ma proprio qui si celava il mondo “segreto” della ragazzina, fatto di pagine sulla depressione, arricchite da immagini spesso in bianco e nero con argomenti come il suicidio e l’autolesionismo sullo sfondo. Non solo profili ma anche hashtag sugli stessi dolorosi argomenti e che Molly Russel quotidianamente visionava sul suo smartphone. Da qui la pesante accusa sollevata dal padre della 14enne suicida, Ian, alle telecamere della Bbc: “Instagram ha spinto mia figlia ad uccidersi”. La responsabilità, seppur parziale, della piattaforma social, secondo l’uomo, starebbe nella totale libertà degli algoritmi di continuare a suggerire pagine e post in base agli interessi ed alle ricerche dei propri utenti.

MOLLY RUSSELL, 14ENNE SUICIDA: IL PADRE CONTRO INSTAGRAM

Le accuse del padre della 14enne suicida, Molly Russell, contro Instagram si baserebbero in particolare su alcuni hashtag come #suicidio, #depression e #autolesionismoanoressia. In questi casi, Instagram avvisa l’utente con un messaggio: “I post con parole o tag che cerchi spesso incoraggiano comportamenti che possono causare dolore o condurre anche alla morte. Se stai vivendo una situazione difficile, saremmo lieti di aiutarti”. Avviso che è del tutto assente su hashtag come #depressione e #anoressia. Cliccando su “Vedi il post comunque” sarà quindi possibile saltarlo. La piattaforma permette inoltre anche di ricevere assistenza con un pulsante presente su quelle pagine in cui si cerca di fatto di aiutare chi soffre realmente di problemi simili. Un problema che comunque non è stato sollevato solo dal padre di Molly ma anche dagli inserzionisti che si ritrovano ad avere dubbi sulla comparsa dei loro banner al fianco di contenuti sensazionalistici o che richiamano a temi come il dolore e la morte. Alle accuse del padre della ragazzina ha replicato Facebook (proprietaria di Instagram) tramite il suo executive, Steve Hatch, “Dovremmo fare in modo di esaminare ogni contenuto e garantire che vengano eliminati se contrari alle nostre politiche”, ha spiegato, dicendosi dispiaciuto per quanto accaduto alla 14enne. Ma il padre di Molly è certo che invece su internet manchino le giuste misure per evitare fatti dolorosi come quello accaduto alla figlia minorenne.





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