Il progetto FCAS per realizzare un nuovo caccia europeo è a rischio. A metterlo in crisi la disunione dell’asse carolingio e della strategia europea
Le voci si fanno più insistenti: il progetto FCAS – finalizzato allo sviluppo di un nuovo caccia militare europeo entro il 2040 – sarebbe a rischio, in una fase cruciale per il riarmo UE. Sarebbero infatti crescenti le divergenze fra Francia e Germania, i due partner principali del progetto (il terzo è la Spagna).
E i dissidi avrebbero già raggiunto il massimo livello politico se il dossier – secondo fonti attendibili – è’ stato toccato l’altro ieri a Madrid in un bilaterale fra il cancelliere Friedrich Merz e il premier Pedro Sánchez. Tanto che i rumor più aggiornati riferiscono già di Berlino intenzionata a rompere con Parigi e rimodulare FCAS con altri alleati, come ad esempio la Svezia, entrata nella NATO dopo l’aggressione russa dell’Ucraina.
La ragione puntuale della semi-rottura al tavolo FCAS – che è pronto per entrare nella fase due del suo sviluppo – sarebbe la pretesa francese di veder indirizzati verso la Dassault una quota maggioritaria delle commesse, a danno di Airbus che invece rappresenta gli interessi tedeschi nel progetto.
Il nuovo velivolo intercettore andrebbe a sostituire il francese Rafale (Dassault) e l’Eurofighter Typhoon, costruito da Airbus con importanti cooperazioni dalla britannica BAE Systems e dell’italiana Alenia (Leonardo).
BAE e Leonardo sono tuttavia da due anni i promotori di GPAC, un progetto concorrente di FCAS, esteso anche al Giappone. Quest’ultimo sviluppo ha sicuramente risentito della crisi geopolitica, che sta facendo incubare una “NATO asiatica” attorno ad Aukus, il patto militare fra USA, Gran Bretagna e Australia a protezione dell’Oceania.
La crisi di FCAS prende comunque forma in un contesto molto complesso, il cui dossier principale la costruzione di un sistema di difesa UE, tendenzialmente ancora all’interno della NATO. Ed è evidente come nello stand by franco-tedesco di FCAS si riverberi una disaccordo più ampio e profondo sui lati dell’asse carolingio, tradizionale architrave dell’Unione.
Berlino è chiaramente disturbata dall’avvitamento della crisi interna francese, cui peraltro fa da contraltare la frenesia diplomatica del presidente Emmanuel Macron, comunque non rieleggibile fra 18 mesi. Parigi resta un partner affidabile per un progetto nato ancora nel 2017, quando il riarmo non era ancora un’emergenza strategica?
Ma il problema non sembra essere solo l’accelerazione di un singolo progetto d’arma. È in discussione l’intera strategia geopolitica della UE e – a cascata – quella finanziaria e industriale. E tutto questo quando ancora la exit dalla guerra russo-ucraina è avvolta nella nebbia.
Fra i pochi dati certi, c’è l’allineamento fra Germania e Italia sull’opportunità di un cessate il fuoco rapido e dell’avvio di una stabilizzazione di tutti i teatri. La Francia resta vessillifera di un “volenteroso” prosieguo della confrontation con Mosca. Dopo la visita di Donald Trump a Londra la Gran Bretagna – fuori dalla Ue – sembra alla fine meno intenzionata a percorrere strade autonome rispetto alla storica “relazione speciale” con Washington.
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