E’ facile far morire le persone malate, più difficile occuparsi di loro. E’ la mentalità, seppur nascosta, alla base dell’eutanasia, orami riconosciuta dal punto di vista legale da sempre più paesi, ad esempio la Spagna. Quando si è davanti a una delle tante malattie incurabili, invece di sostenere la persona con il massimo sforzo sanitario, personale che significa alti costi economici, si fa figurare l’eutanasia come la via di uscita migliore per il malato stesso. Nessuno naturalmente vuole obiettare nei confronti di coloro che non se la sentono di continuare a vivere in condizioni terribili, ma, anche se nessuno lo dice mai, ci sono anche malati che desiderano continuare a vivere. Succede sempre in Spagna che mentre l’eutanasia è stata legalizzata, il governo abbia deciso di ridurre le spese economiche di sostegno per quanti soffrono di Sla, in questo modo obbligandoli a chiedere l’eutanasia. E’ il caso di Jordi Sabaté, un uomo i cui primi sintomi di Sla si sono mostrati nel 2014 e che dal 2017 è completamente impossibilitato a muoversi: “Non riesco a muovermi, parlare, mangiare o bere e respiro a fatica”, ma, aggiunge “amo la vita”.
Molto attivo sui social, l’uomo ha pubblicato una chiara denuncia nei confronti del governo del suo paese: “I malati di SLA sono completamente abbandonati dallo Stato, siamo 4.000 malati di SLA in Spagna e ogni giorno vengono diagnosticati tre nuovi casi e altre tre persone muoiono, cioè non è una malattia minoritaria, siamo tanti, e non abbiamo assistenza sociale ed economica per poter vivere dignitosamente o semplicemente per poter continuare a vivere”.
“IL GOVERNO SPAGNOLO E’ SENZA CUORE”
Lo stesso governo social-comunista che è riuscito a legalizzare l’eutanasia e il suicidio assistito in Spagna, a carico della sanità pubblica, si rifiuta di aumentare gli aiuti finanziari ai malati di Sla, aggiunge. Jordi, da quando si è ammalato, è stato abbandonato dalla fidanzata, è stato obbligato a chiudere l’azienda che aveva creato dal nulla, ma, ha detto a una intervista al sito infocatolica, non ha mai perso la fede: “La fede mi ha aiutato a non perdere mai la speranza e a vivere e combattere, non importa quanto dure ti capitino le avversità nella vita. Avendo fede in Cristo da quando ho memoria, lo vedo come qualcosa di molto sano e pieno di bontà”. Parole coraggiose, senza dubbio: “Ho attraversato molta paura, angoscia e terrore prima che la diagnosi fosse confermata, ma l’essere umano è molto forte e ha una capacità di adattamento spettacolare. L’amore che provo per la vita e viverla con i miei cari mi fa vivere e combattere con speranza. Domani nessuno sa cosa può succedere e potrebbe essere un gran giorno, magari domani si troverà la cura per la SLA, perché no? Amo ancora e mi piace essere vivo”. La vita è combattere, dice: “Credo che Dio non voglia che nessuno soffra, ma la sofferenza fa parte della vita ed è inevitabile (c’è il mistero della Croce). Cristo ha lottato fino alla fine e penso che dobbiamo seguire il suo esempio, anche se posso capire che a volte è molto difficile. La mia opinione è che vivere è combattere e combattere è vivere”.