“È normale che occorra un po’ di tempo per definire la dichiarazione di uno stato di emergenza nazionale. Al di là degli eventi che hanno creato situazioni drammatiche e perdite di vite umane, come è accaduto in questi ultimi giorni”, così le parole di Fabrizio Curcio, capo del dipartimento di Protezione civile, ai microfoni del Corriere della Sera. Il prossimo passo, ha aggiunto, sarà verificare l’impatto e le conseguenze strutturali che hanno avuto il maltempo al Nord e i roghi al Sud su popolazione, attività produttive e infrastrutture.
“Con la dichiarazione dello stato di emergenza, in generale, si permette l’utilizzo di poteri straordinari per la gestione delle conseguenze determinate dalle calamità, si stanziano le prime risorse finanziare e si può prevedere la concessione di ristori alla popolazione e alle imprese”, l’analisi di Curcio: “Prima di attivarla, però, bisogna circoscrivere i territori in cui si sono avuti i danni strutturali e quelli dove si sono verificati e si prevedono disagi alla popolazione, e dovremo arrivare ad una stima del danno. Poi dovremo fare dei sopralluoghi nei territori colpiti ed un’istruttoria. Sono valutazioni che facciamo insieme al territorio, alle Regioni, per capire anche quali dovranno essere gli strumenti per intervenire”.
L’analisi di Fabrizio Curcio
Nel corso del dialogo con il Corriere, Curcio ha sottolineato che gli eventi atmosferici violenti possono determinare uno stato di emergenza a secondo della loro gravità e dall’intensità del danno. La giornata di martedì – tra maltempo al Nord e incendi al Sud – è stata terribile: “Per gli incendi abbiamo ricevuto e dato corso a ben 37 richieste di intervento della flotta antincendio nazionale. Ieri ne abbiamo ricevute altre 22. E stiamo parlando di interventi che si aggiungono a quelli, numerosissimi, effettuati sul territorio dalle Protezioni civili regionali”. Curcio si è poi soffermato sulla prevenzione, rimarcando che dovrebbe essere un’attività costante: “Non è mai abbastanza quello che si fa per prevenire, piuttosto. Servono investimenti e pianificazione e noi lavoriamo per costruire percorsi condivisi su questo tema. Ma è un problema anche culturale, ed occorre impegnarsi por favorire la consapevolezza ed aumentare l’informazione verso i cittadini”.