La storia del fallito attentato allo Stadio Olimpico, cos'è successo nel '94: Cose Nostre ricostruisce la scampata strage a Roma
Il programma “Cose Nostre” ricostruisce nella puntata di oggi la storia del fallito attentato allo Stadio Olimpico, raccontando cosa successe nel ’94. Era il 23 gennaio di quell’anno quando un’autobomba riempita di tritolo era pronta a far saltare in aria centinaia di carabinieri e gli spettatori della partita di calcio tra Roma e Udinese.
Il rischio fu di avere la strage più sanguinosa del nostro Paese, ma fortunatamente qualcosa andò storto e l’attentato fallì.
Si tratta di un mistero che si intreccia con quanto accadeva alla fine della Prima Repubblica e che viene ricostruito oggi dal programma di Rai 1.
LA RICOSTRUZIONE DEL FALLITO ATTENTATO ALLO STADIO OLIMPICO
Erano passate da poco le 16:30, c’era stato il triplice fischio allo Stadio Olimpico e i tifosi si stavano portando ai parcheggi e verso i mezzi pubblici. Nella zona di Piazza Maresciallo Giardino, vicino a una caserma e all’Aula Bunker, si erano riunite diverse camionette e blindati delle forze dell’ordine. In quel momento 20mila persone circa stavano transitando. Alcuni di essi passando vicino a una Lancia Therna che conteneva 400 chili di tritolo che erano pronti a compiere una strage.
A preparare l’ordigno diversi mafiosi, come Gaspare Spatuzza, Francesco Giuliano, Cosimo Lo Nigro e Salvatore Grigoli, all’interno di un magazzino di Palermo. La bomba conteneva anche tondini di ferro che dovevano rendere l’esplosivo più letale. Spatuzza fece dei sopralluoghi all’Olimpico, infatti l’ordigno arrivò nella capitale il settembre prima tramite un camion di un autotrasportatore vicino agli ambienti mafiosi.
Nascosto in un doppiofondo creato ad hoc, l’ordigno venne scaricato in un capannone, poi sistemato nell’auto che era stata rubata in Sicilia. Nel frattempo Spatuzza studiò i movimenti delle forze dell’ordine nei pressi dello stadio. Prepararono l’innesco e parcheggiarono l’auto vicino al presidio dei carabinieri, in Viale dei Gladiatori, dove l’autobomba doveva esplodere durante il passaggio del pullman dei militari dell’Arma.
COME FU SCOPERTA LA STRAGE SCAMPATA
Fortunatamente ci fu un difetto del telecomando, quindi l’autobomba non esplose. Nei giorni successivi lo spacciatore Antonio Scarano, legato al boss mafioso Matteo Messina Denaro, fece rimuovere l’auto, facendola rottamare dopo aver fatto rimuovere l’esplosivo.
Un anno dopo, fu il pentito Pietro Romeo a permettere agli inquirenti, con le sue rivelazioni, di trovare alcuni pacchi di esplosivo in una villetta a Capena affittata da Scarano, mentre altri pacchi di esplosivo con tondini di ferro e cementizi furono trovati a Bracciano, in una villetta di un amico di Scarano.
Grazie alle dichiarazioni di pentiti Pietro Romeo, Pietro Carra, Salvatore Grigoli, Alfredo Bizzoni e dello stesso Scarano permise alla procura di Firenze di ricondurre quell’esplosivo proprio al fallito attentato allo stadio Olimpico.