Individuate 36 badanti che sono arrivate in Italia con dei falsi passaporti UE: avevano ottenuto un codice fiscale italiano per lavorare

È una vera e propria macchina – in parte ancora da scoprire e smantellare, grazie anche all’aiuto delle autorità europee – di fabbricazione e rilascio di falsi passaporti UE venduti a centinaia e centinaia di euro al solo fine di permettere a persone extracomunitarie di raggiungere l’Italia (ma potenzialmente anche altri paesi dei 27) con lo status di cittadini europei necessario per ottenere tutti i benefici giuridici necessari per lavorare e vivere: a scoprire l’intricata macchina dei falsi passaporti UE sono stati gli agenti della Polizia di Stato di Udine che da un’iniziale segnalazione hanno condotto – in giro per tutto il territorio nazionale – più di 50 perquisizioni che si sono tradotte in 19 arresti e 17 denunce.



Da Udine – infatti – l’inchiesta sui falsi passaporti UE si è estesa anche a diverse province limitrofe (tra Pordenone, Venezia, Belluno, Bolzano e Gorizia), raggiungendo poi anche Torino, Varese, Firenze, Prato e Pistoia per estendesi – infine – anche verso Latina e Lecce: complessivamente in manette sono finite 19 badanti tutti di nazionalità georgiana (soprattutto a Pordenone, Venezia e Bolzano), mentre altre 17 sono attualmente deferite all’Autorità giudiziaria con l’accusa – che vale per tutte e 36 – di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi.



Come funziona il meccanismo dei falsi passaporti UE: l’ipotesi è che dietro ci sia un’organizzazione criminale europea

L’intera inchiesta sui falsi passaporti UE è partita – come dicevamo già prima – da una segnalazione dell’Agenzia delle Entrate di Udine che ha notato un elevato numero di donne che nell’arco di pochi giorni si sono presentate agli Uffici territoriali per richiedere il rilascio del codice fiscale italiano, mostrando agli sportelli dei documenti europei in larga parte ascrivibili a Slovacchia, Polonia e Lituania: lo scopo era quello di essere identificate come cittadine italiane per poter accedere regolarmente agli uffici di collocamento – tutte in qualità di badanti – ed ottenere l’accesso al Servizio Sanitario Nazionale e a tutti quei benefici giuridici che spettano ai cittadini comunitari.



Dopo la richiesta ad Udine grazie ai loro falsi passaporti UE – poi – le donne si erano spostate nelle varie province elencate prima dove avevano effettivamente trovato lavoro; mentre attualmente l’ipotesi mossa dagli inquirenti è che per ottenere i documenti falsi abbiano pagato cifre attorno ai 600 euro ad una non ancora definita entità – quasi certamente un’organizzazione criminale strutturata e ben radicata – che opera all’estero e che potrebbe aver rilasciato migliaia di documenti simili ad altrettante persone.