Femminicidio Alessandra Matteuzzi, ergastolo all'ex Giovanni Padovani diventa definitivo con sentenza della Cassazione. La famiglia: "Finalmente giustizia"
Ora l’ergastolo per Giovanni Padovani è definitivo: la Cassazione ha confermato la pena che era stata comminata all’ex calciatore nei precedenti due gradi di giudizio per il femminicidio di Alessandra Matteuzzi. La sentenza è arrivata oggi e accoglie la richiesta del procuratore generale, che auspicava appunto la conferma della pena.
I legali della famiglia della donna uccisa a martellate, calci e pugni nell’agosto 2022 hanno espresso soddisfazione per la decisione della Suprema Corte, perché così “Alessandra ha avuto finalmente giustizia“. Per quanto riguarda l’imputato, è stato definito un “assassino, persecutore, capace di intendere e volere“, evidenziando che Matteuzzi è stata uccisa dall’ex fidanzato, proprio mentre era al telefono con la sorella, perché aveva deciso di ribellarsi a quei continui tentativi di controllo dell’uomo.
Dunque, sono state riconosciute anche le aggravanti dello stalking, del vincolo del legame affettivo, dei motivi abietti e della premeditazione. La sorella in occasione della sentenza d’appello aveva scritto una lettera pubblica in cui aveva spiegato che avrebbe organizzato un momento di ricordo per la sorella dopo la decisione della Cassazione, ribadendo la promessa di portare avanti la sua battaglia contro il femminicidio.
ALESSANDRA MATTEUZZI, LA BRUTALE E FEROCE FURIA DI GIOVANNI PADOVANI
Prima della sentenza della Cassazione, l’avvocato Chiara Rinaldi, uno dei legali del pool che assiste i familiari di Alessandra Matteuzzi, aveva espresso l’auspicio di poter urlare la parola giustizia oggi, anche perché loro sono stati già tutti condannati all’ergastolo con la morte della donna.
In attesa delle motivazioni della Suprema Corte, per le quali bisognerà attendere qualche settimana, ci sono quelle dei giudici d’appello, che avevano evidenziato come Giovanni Padovani non si fosse pentito neppure dopo aver commesso il femminicidio, anzi avrebbe continuato a infierire dopo averla uccisa, poi non ha espresso il suo pentimento né in carcere né nel corso di tutto l’iter processuale.
Per quanto riguarda il movente, è legato al fatto che considerasse l’ex fidanzata un oggetto di sua proprietà, non una persona. Nelle motivazioni si fece riferimento anche alla violenza “brutale e feroce” per la quale nessuna parte del volto e della testa di Alessandra Matteuzzi venne risparmiata. Ora la parola fine con la pena che diventa definitiva con la sentenza della Cassazione.