Imprese “straordinarie”

- Gilberto Sbaraini

GILBERTO SBARAINI, attraverso un episodio significativo e una ricerca condotta a livello europeo, ci spiega come le imprese sociali stiano tornando alla ribalta

Mensa_PoveriR400 Una mensa dei poveri (InfoPhoto)

Un episodio significativo

Venerdì scorso il freddo, che ha colpito con particolare intensità il nostro Paese, ha causato a Milano la morte di un uomo. L’assessore alle Politiche Sociali del capoluogo lombardo, Pierfrancesco Majorino, ha immediatamente lanciato un appello a diverse organizzazioni non profit, nel tentativo di reperire il maggior numero di posti letto per l’accoglienza temporanea delle numerose persone che vivono in strada.

All’appello hanno risposto la Protezione Civile, la Croce Rossa, la Caritas, numerose organizzazioni di volontariato, cooperative sociali e altri enti non profit. Anche noi della Cooperativa La Strada abbiamo messo a disposizione, in meno di due ore, uno spazio all’interno di una nostra comunità. I nostri operatori hanno collaborato attivamente per far fronte a questa richiesta e gli stessi ospiti (persone con seri problemi di salute) si sono sentiti particolarmente orgogliosi di poter dare il loro contributo: la stessa sera di venerdì abbiamo accolto le prime persone.

Quello che è accaduto ha dimostrato ancora una volta la capacità delle organizzazioni non profit di rispondere tempestivamente e in maniera flessibile alle emergenze sociali (per fortuna, in questo caso non si è dovuto attendere il permesso dell’Asl o qualche funzionario pubblico che venisse a certificare la messa a norma dei locali e degli impianti). Mi sembra importante precisare che la flessibilità e la tempestività tipiche delle nostre organizzazioni non sono né scontate, né automatiche ma, al contrario, derivano principalmente dalla libera disponibilità di alcune persone.

Gli operatori della Strada si sarebbero potuti rifiutare: questo impegno straordinario non era contemplato dal contratto di lavoro e il responsabile del servizio avrebbe potuto “legittimamente” spegnere il cellulare di servizio, invece di attendere fino a mezzanotte le chiamate del centro di emergenza.

Una questione importante

Negli ultimi giorni mi è capitato di leggere diversi recenti pareri del Comitato economico e sociale europeo (Cese), in merito ad alcune proposte di legge europee sul tema dell’imprenditoria e dell’impresa sociale. Da questi pareri emergono vigorosi apprezzamenti nei confronti delle imprese sociali, considerate elemento chiave del modello sociale europeo, capaci anche oggi (in questo tempo di crisi) di creare occupazione, mettere a punto soluzioni innovative per soddisfare le esigenze dei cittadini, sviluppare coesione sociale inclusione e cittadinanza attiva (spesso sono imprese radicate a livello locale), promuovere la partecipazione di donne, anziani, giovani, minoranze e migranti.

Inoltre, contrariamente a quanto si possa pensare, le imprese sociali risultano molto più affidabili di quelle ordinarie: producono meno insolvenze nei confronti delle banche e meno fallimenti. Per tutti questi motivi, i membri del Cese auspicano che i prossimi fondi strutturali siano destinati a programmi di avviamento e sviluppo delle imprese sociali.

Tutti questi apprezzamenti e queste buone intenzioni assumono oggi un significato particolare. Proprio negli ultimi mesi, infatti, molte imprese sociali (in Italia questa definizione riguarda prevalentemente il mondo delle cooperative sociali) sono state colpite dalla crisi; alcune sono state costrette a chiudere, altre attendono con preoccupazione l’annunciata riduzione dei fondi sociali destinati alle loro attività.

In questo clima, la posizione dell’Unione europea rappresenta un importante e incoraggiante segnale di apertura, ora si tratta di presidiare con attenzione lo sviluppo di questi percorsi legislativi, che potrebbero davvero diventare il primo serio tentativo di dare valore e sostenere molte esperienze di concreta sussidiarietà.





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