“Dottore mi salvi…”, il grido disperato della vita che annaspa verso l’inesorabile dice di un desiderio di continuità e della paura dell’ignoto. Allora l’unica fiducia, almeno di quanti non sono credenti e dunque non coltivano la speranza e una visione trascendente la vita terrena, si orienta verso chi idealmente ha il potere di guarire e di prolungare la vita caricandolo di un’aspettativa che spesso oltrepassa la sua scienza e la sua pratica clinica.
L’ immagine un po’ drammatica del grido angosciato dell’uomo, evocata dai dipinti di Edvard Munch, diventa esperienza quotidiana nell’attività sanitaria che gli operatori della Fondazione Maddalena Grassi svolgono quotidianamente al domicilio di quasi 500 pazienti. Attraverso l’opera delle loro mani e la conoscenza medica, questi pazienti vengono talvolta guariti e talvolta accompagnati, ma sempre curati con una efficacia amplificata dal rapporto umano che si instaura con loro e con i familiari.
Non sarebbe più semplice entrare in casa, svolgere un intervento tecnicamente ineccepibile, salutare e recarsi dal prossimo paziente? Sicuramente sarebbe umanamente meno coinvolgente, ma in anni di lavoro in Fondazione Maddalena Grassi non ho mai incontrato un infermiere o un fisioterapista o un altro specialista sanitario che non ambisse a una implicazione totale, come desiderio che la propria vita e la professione svolta potessero esprimersi in una unità.
Questa posizione umana dell’operatore sanitario, che ha importanti ripercussioni positive nei percorsi di cura, richiede comunque un sacrificio che non può e non deve essere lasciato solo sulle spalle di chi opera in sanità: a maggior ragione se chi opera è solo di fronte al paziente, come avviene nell’assistenza domiciliare. Curare chi cura è il titolo del secondo incontro del ciclo di “formazione istituzionale 2024” che la Fondazione Maddalena Grassi organizza per i propri operatori giovedì 7 marzo in via Luigi Mengoni 3 (Comunità Nuova onlus) a Milano.
L’attenzione che Fondazione Maddalena Grassi pone ai propri operatori ha una lunga e consolidata prassi: incontri tra direzione e singoli professionisti, riunioni di équipe sui casi clinici, riunioni tra direzione e operatori che lavorano nella stessa area, momenti di formazione e aggiornamento professionale ed infine la “formazione istituzionale”, il cui scopo è quello di aiutare ad avere uno sguardo di insieme su quel capolavoro di umanità che contraddistingue il lavoro di cura attraversando le difficoltà e le fatiche quotidiane.
Ne parleranno Marta Scorsetti, responsabile dell’Unità Operativa Radioterapia e Radiochirurgia Humanitas, e docente nella stessa università, e Marco Trivelli, Direttore Generale dell’ASST Lecco. A moderare gli interventi Emanuele Boffi, direttore di Tempi.
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