Il solo in carico affidato al proprio commercialista, non preclude non la colpevolezza sulla frode fiscale compiuta dal professionista.
In diverse occasioni abbiamo assistito a casi di frode fiscale commessa dal commercialista. Indipendentemente che accada per una sua “volontà”, o semplicemente in modo “inconsapevole”, anche il libero professionista potrebbe avere delle ripercussioni.
A sancire tali direttive è stata la Corte di Cassazione con la denuncia numero 13358 risalente a questo maggio. Dunque vediamo in che modo il contribuente potrebbe esonerarsi dalla colpevolezza.
Cosa succede in caso di frode fiscale del commercialista?

Dal momento in cui il commercialista commette una frode fiscale, salvo che non dia una prova differente, anche il libero professionista/contribuente potrebbe essere accusato dell’illecito.
Affinché il cittadino venga “risparmiato” dall’accusa, egli dovrà dimostrare di aver cercato di controllare il lavoro eseguito dal professionista, e di non essere a conoscenza del raggiro.
Grazie al potenziamento digitale oggi il fisco è in grado di effettuare dei controlli più mirati, ed è ciò che ha dimostrato negli ultimi tempi e in questa sentenza di cui parleremo presto.
Il caso di compensi inesistenti
Il caso in questione ha coinvolto un libero professionista (titolare di uno studio di ingegneria), coinvolto in un accertamento dell’Ade a causa di alcune fatture emesse inesistenti, al solo scopo di ottenere il rimborso fiscale e riscuotere dall’Erario denaro illecito.
Il contribuente ha rigettato l’accusa sostenendo di essere ignaro dell’illecito che invece a detta sua, sarebbe stato commesso dal suo commercialista (addetto ad adempiere agli oneri tributari dell’attività di ingegneria).
Sia secondo il grado di appello che per i giudici di 1° grado, il cittadino non avrebbe fornito prove sufficienti al fine di far credere della sua “innocenza” o anche della sconoscenza dei fatti.
La decisione finale
Anche la Corte Suprema ha assecondato i pareri espressi dai Giudici in precedenza, rigettando il ricorso del contribuente e accusandolo di aver “partecipato” alla palese frode fiscale ai danni del commercialista.
La Legge prevede che il solo incarico al commercialista non preclude la non colpevolezza del cittadino (seppur l’illecito sia stato davvero commesso solo dal professionista), ma occorre accertarsi del corretto operato.
Nell’atto pratico il contribuente deve poter dimostrare di aver chiesto ad esempio al suo consulente in materiale fiscale, di revisionare le dichiarazioni reddituali, i 730 e le ricevute fiscali trasmesse all’Agenzia governativa.
Un semplice controllo potrebbe far emergere delle incongruenze o come nel caso in esempio, fatture inesistenti emesse soltanto per compiere la frode fiscale e ottenere rimborsi IVA e Irpef non realmente spettanti.
