Lo studio Uaar parla di crisi in Italia per la presenza nell'ora di religione a scuola: “i no aumentano". I docenti dello Snadir contestano: “dati incompleti ed estrapolati”.
I DATI DELLO STUDIO UAAR SULL’ORA DI RELIGIONE A SCUOLA: “I “NO” TRA GLI STUDENTI SALGONO AL 15,5%, SERVE PIÙ LAICITÀ”
L’ora di religione a scuola è in crisi ma non come (forse) viene dipinta dagli ultimi proclami dell’Uaar, l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti: è bastato infatti un comunicato, a seguito di uno studio condotto dall’Uaar, per far titolare per giorni la gran parte dei media italiani con “Fuga dall’ora di religione” e simili. I dati infatti riportano come nella scuola pubblica italiana sia cresciuto nell’anno scolastico 2022/2023 il numero di chi si rifiuta di partecipare all’insegnamento della religione cattolica (Irc). Nello specifico, il quadro tratteggiato mostra 1.096.846 studenti “non avvalentisi” dell’Irc a scuola: si passa cioè dal 14,07% di due anni fa al 15,5% di oggi.
Lo studio proviene dopo la domanda di accesso civico ai dati presentata dall’Uaar al Ministero dell’Istruzione (MIM): «Già due anni fa, in collaborazione con l’associazione OnData del progetto #DatiBeneComune, abbiamo presentato una richiesta di accesso civico ai dati, in base a quanto previsto dal decreto legislativo 33/2013. Ne era emerso che in quell’anno scolastico gli studenti che avevano detto no all’Irc erano più di un milione. Poiché sul Portale Unico dei dati della scuola continuano a mancare le informazioni circa la frequenza e non frequenza dell’Irc, con datiBeneComune abbiamo deciso di reiterare la richiesta e di liberare così i dati relativi agli ultimi due anni, analizzandoli e rielaborandoli per metterli a disposizione di tutti», spiega il segretario dell’Uaar, Roberto Grendene.
Dall’analisi emerge come sia superata la soglia del 30% di non avvalentisi dell’insegnamento in ben 6 province, aggiunge Loris Tissino, responsabile dell’analisi dati per Uaar: si tratta di Firenze (37,92%), Bologna (36,31%), Trieste (33,37%), Prato (33,19%), Gorizia (32,51%) e Aosta (30,74%). A livello regionale invece, la Valle D’Aosta sarebbe in cima alla classifica degli “anti-ora di religione a scuola” con il 30,74%, seguita da Emilia Romagna (27,48%) e Toscana (27,12%). Le regioni del Sud si confermano invece quelle con meno studenti che non si avvalgono dell’insegnamento di religione, in particolare Basilicata (2,98%), Campania (3,11%), Calabria (3,41%), Puglia (3,67%), Molise (3,87%) e Sicilia (4,57%). L’obiettivo dell’Uaar è chiaro nell’intento, con ammissione dello stesso Trissino: «Dal nostro punto di vista ci sono possibilità di miglioramento ovvero che la religione non venga insegnata a scuola».
IL SINDACATO DEI DOCENTI DI RELIGIONE REPLICA: “DATI ESTRAPOLATI DALL’UAAR E NON COMPLETI”
«I dati mostrano una richiesta sempre crescente di scuola laica»: così ha commentato ai microfoni di Micromega e sull’agenzia 9 Colonne, il referente per la scuola dell’Uaar, Roberto Grendene. Da qui parte il “contro-studio” lanciato dallo Snadir – Sindacato nazionale autonomo degli insegnanti di religione – che contesta la mancata completezza dei dati riportati da Uaar e “approvati” senza spirito critico da praticamente tutti i media italiani. «Stantia e ripetitiva, la UAAR torna a cercare vetrina parlando dei danni dell’insegnamento della Religione cattolica nella scuola pubblica italiana», spiega la nota dello Snadir contestando l’inesattezza e incompletezza dei dati analizzati dall’Unione degli atei.
«Stranamente – aggiungono in docenti – tacciono sui numeri degli avvalentesi che, come riportano i dati del Servizio Nazionale per l’IRC, raggiungono le percentuali dell’83,40% nell’anno scolastico 2020/2021 (6.261.241 alunni) e del 84,44% nell’a.s. 2021/2022 (6.251.771 alunni), registrando quindi una lieve crescita»: parlare quindi di una “maggiore scuola laica”, come fa l’Uaar, è improprio perché è decisamente “fuori tema”. «L’insegnamento della religione cattolica, per chi se ne avvale, non intacca il principio di laicità dello stato. La scuola pubblica italiana È e DEVE rimanere laica e plurale, di tutti e per tutti, senza distinzione di razza, di sesso, di genere, di religione», rivendicano gli insegnanti di religione, «Questo, però, non nega che la conoscenza e la comprensione della religione cattolica rappresentino un elemento fondamentale per la crescita culturale e civile delle giovani generazioni e, a dispetto del suo pensiero, l’ora di religione è puramente culturale e formativa. Il dogmatismo in verso che usa Grandene, a voler essere buoni, basisce».
Da ultimo, lo Snadir riflette sull’alternativa che viene data dalla scuola pubblica a chi non frequenta l’ora di religione: «i dati raccolti dall’Uaar dimenticano di evidenziare che nella maggior parte delle scuole italiane l’alternativa all’ora di religione è l’uscita da scuola anticipata. Ci piacerebbe allora che la solerzia dell’Uaar nel dire che l’ora di Religione non serve, la si adoperasse nel dirci cosa fare dell’ora alternativa. Atei e agnostici, sembrano non accorgersi che per un adolescente, fare un’ora in meno di scuola a settimana, è una tentazione troppo forte. E così, ammantano di scelta di coscienza ciò che invece è una scelta di convenienza».