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Home » Economia e Finanza » Economia UE » GAS E POLITICA/ Il problema lasciato aperto dal no al piano di emergenza Ue

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GAS E POLITICA/ Il problema lasciato aperto dal no al piano di emergenza Ue

Paolo Annoni
Pubblicato 23 Luglio 2022
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea (LaPresse)

Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea (LaPresse)

Il piano di emergenza dell'Ue in caso di interruzione delle forniture di gas russo è già naufragato. Resta da capire come risolvere il problema

La proposta europea di coordinare una riduzione dei consumi di gas del 15% è naufragata. I Paesi che non hanno problemi di approvvigionamento, come la Spagna ma non solo, non hanno abboccato alle richieste di solidarietà. Il costo politico sarebbe colossale e in più fino all’altro ieri i Paesi che avevano accesso a energia economica o proiezione geopolitica si rifiutavano di condividere le risorse. L’esempio della Libia è uno dei migliori sulla solidarietà europea, ma anche la Spagna ha di che lamentarsi con la Francia. Emblematica è stata la risposta del ministro spagnolo alla richiesta: “A differenza di altri non abbiamo vissuto al di sopra delle nostra necessità energetiche”. Un chiaro riferimento alle accuse di aver vissuto sopra i propri mezzi subita durante la crisi dei debiti sovrani. Anche i Paesi che hanno qualche difficoltà hanno risposto picche. Piuttosto che annunciare subito dei tagli, costosissimi politicamente ed economicamente, preferiscono tentare la sorte. 


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Il problema, però, non è risolto. Se la Russia ferma i flussi di gas le alternative sono due: o ci pensano gli Stati o ci pensa il mercato. Far scegliere gli Stati significa trasferire nelle mani dei Governi un potere immenso di vita o di morte rispetto a questo o a quel settore produttivo e, nel caso dei privati, imporre una regola che vale per tutti e che per quanto possa essere dettagliata inevitabilmente genera grande scontento in larghe fette della popolazione. La soluzione del mercato, invece, è meno complessa ma altrettanto problematica; il prezzo sale talmente tanto che semplicemente alcune famiglie non si possono permettere di riscaldare la casa o accendere il forno, mentre alcune imprese sarebbero destinate a morte certa. Tutta la filiera alimentare, per esempio, è energivora. La media impresa italiana, trasformatrice e industriale, è energivora. Sarebbe un disastro.


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Messi di fronte a questa alternativa la tentazione di scegliere la seconda opzione è forte anche considerando i rischi politici di un trasferimento di potere verso il Governo senza precedenti e pericoloso in quanto tale. Il problema vero è che il mercato non funziona perché non è messo nelle condizioni di funzionare.

In un mondo “normale” l’esplosione dei prezzi degli idrocarburi porterebbe nel medio periodo a un’esplosione dell’offerta. Estrarre gas sarebbe talmente conveniente che con un impianto normativo minimamente decente, con certezza di regole e canoni di estrazione, si arriverebbe a un incremento dell’offerta. Uno strutturale deficit energetico darebbe nuovi incentivi al nucleare e così via. Sappiamo perfettamente che non siamo in questa situazione. Il legislatore europeo e italiano ha deciso d’ufficio quali modi di produrre energia siano sufficientemente green e quali no a prescindere da come venga svolta l’attività e da quante attenzione si ponga all’ambiente. Oltretutto, come sappiamo, i costi ambientali delle fonti green sono taciuti. 


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La soluzione di mercato non è attraente perché il mercato è stato “abolito” e i Governi danno le carte sulla base di scelte ambientali discutibili e il cui costo economico implica una riduzione della qualità della vita spaventoso. 

La vera soluzione di mercato sarebbe questa: chi vuole l’energia green paga l’energia elettrica fatta con il green e chi non la vuole paga quella fatta con le risorse tradizionali senza che i Governi possano dire niente. L’obiezione è nota: l’inquinamento non si può confinare e ci sono le mitiche “esternalità negative”. È una parola sotto cui si nascondono spesso e volentieri pulsioni semi totalitarie. L’esternalità negativa ambientale, volendo rimanere su questo piano, è opposta a un’esternalità negativa sulla qualità della vita. Esattamente come l’inquinamento è libero di viaggiare anche il freddo è libero di entrare nelle case di chi le vorrebbe calde bruciando il gas. Fino a prova contraria nei Paesi dove non c’è traccia di industria ed “emissioni” tendenzialmente si muore a 40 anni. 

Facciamo funzionare il mercato con un minimo di controllo. Questa è la soluzione. L’alternativa che viene posta è finta e nei fatti si conclude in un sistema semi socialista dove, con la scusa della riduzione dei consumi, si controlla tutto e tutti.

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