Dall’Italia alla Francia, il tema dell’identità di genere resta di strettissima attualità: anzi, da noi è il Ddl Zan e lo scontro accesissimo tra i partiti ad aver segnalato alle cronache nazionale il concetto del “gender”. Oltralpe invece il tema è dibattuto da tempo, con diversi pensatori ed esperti in scontro aperto sulla pericolosità o meno di concepire l’intera vita sociale sotto la “luce” delle nuove sfide di genere. Si schiera decisamente contro il “gender” il filosofo e docente Eric Marty, autore del nuovo libro “Il sesso dei moderni. Pensiero sul neutro e la teoria di genere”: per l’insegnante di Letteratura all’Università di Parigi VII Diderot il genere «è l’ultimo grande messaggio ideologico dall’occidente al resto del mondo».
Lo ha spiegato nell’ultima intervista a “Le Figaro” lo stesso Marty che si dice stupito dalla velocità con cui «questa nazione del gender ha invaso il pianeta e tutte le sfere della vita sociale, dai documenti amministrativi al marketing delle grandi multinazionali». Da quando il libro di Judith Butler, “Gender Trouble”, lanciò per la prima volta la “questione” sono passati 30 anni, nei quali si è irrobustita la teoria che Marty fa risalire a Deleuze, Derrida e Barthes: come ha riportato di recente Giulio Meotti sul “Il Foglio”, il pensiero di Marty sarebbe fondamentale per capire anche noi in Italia dove risiedono i potenziali problemi legati all’inserimento del “gender” nel disegno di legge contro l’omobilesbotransfobia.
L’IDEOLOGIA GENDER (NON SOLO IN FRANCIA)
Secondo il filosofo francese, come scrive nel suo ultimo saggio, «il gender ha preso il posto del marxismo nell’immaginario collettivo, come orizzonte no più di emancipazione collettiva, ma individuale». Dopo comunismo e illuminismo, è la teoria di genere sessuale che di fatto si erge a messaggio di emancipazione di tutto l’occidente: «è un discorso efficace», aggiunge Marty, perché diversamente dalla lotta di classa marxista, tale teoria può «risuonare in ogni individuo». La borghesia e i grandi Stati ricchi sono luoghi fertili per il crescere della “nuova” ideologia, e per questo i principali marchi internazionali stanno aiutando l’espansione su larga scala. Durissima la reprimenda posta dal filosofo al movimento Lgbt, che da libertario nei decenni scorsi è divenuto repressivo: «la mutazione avviene a cavallo del nuovo secolo con un orientamento oggi molto autoritario, rigido, con questo nuovo attivismo di sorveglianza». SI crea quasi una “competizione” tra vittime e minoranze, sottolinea Marty, identificandosi quasi come il “fu” proletariato: «alla fine annuncia la scomparsa di ciò che nomina». Il docente parigino conclude illustrando da vicino come si sia evoluto e inviato ad aver successo il gender in Europa: «faticherà un po’ a imporsi in Europa, perché il gender porta con sé tanti stereotipi americani, un certo puritanesimo malcelato, un discorso saturo di acronimi (come Lgbtq) una visione profondamente pragmatica del linguaggio». Insomma un’ideologia di “self-making” che per Marty già da anni si poteva “intuire” nei segni profetici che arrivavano da oltre oceano (MeToo, politicamente corretto) e che oggi si afferma nella battaglia culturale prima ancora che politica attorno al Ddl Zan.