Gino Cecchettin dialoga con uno stalker 19enne: “Spero in una redenzione”. Braccialetto elettronico dopo le minacce, tra scetticismo e riabilitazione
Gino Cecchettin è diventato un punto di riferimento nazionale nella lotta contro la violenza di genere e – proprio per questo – ha accettato di parlare con un ragazzo di 19 anni (oggi ricoverato in una struttura psichiatrica) e accusato di stalking nei confronti della sua ex – una coetanea di Mirano (Venezia) – per offrirgli un momento di confronto nonostante la gravità delle sue azioni.
Il 19enne – affetto da disturbo bipolare – al momento delle dimissioni sarà dotato di un braccialetto elettronico che impedirà ogni avvicinamento alla ragazza, oggi ospitata in una comunità protetta dopo mesi di persecuzioni, minacce, aggressioni verbali e persino l’uccisione del proprio animale domestico – un criceto – episodio che aveva segnato uno dei punti più inquietanti del caso.
Il braccialetto farà scattare un allarme se il ragazzo si avvicinerà a meno di 500 metri dalla ex fidanzata, misura adottata secondo le procedure del cosiddetto “codice rosso” e resta subordinata alla volontà dell’indagato: se dovesse rifiutare di indossarlo, la magistratura potrebbe infatti disporre gli arresti domiciliari.
Gino Cecchettin e il dialogo con lo stalker: tra il perdono e i dubbi, ma la famiglia resta scettica
Il contatto tra il ragazzo e Cecchettin è nato dopo che lo stalker – attivo sui social con lo pseudonimo “Zeus” – aveva postato un commento in cui ironizzava amaramente sulla lista della spesa che Filippo Turetta aveva scritto nei giorni prima di uccidere Giulia, definendola “da 10 e lode” e Cecchettin ha risposto a quel gesto offrendo però un’occasione di dialogo e ascolto e da questa apertura è nata una telefonata nella quale il ragazzo ha detto di aver trovato parole toccanti e di sentirsi in debito umano verso chi – pur essendo stato colpito da una tragedia simile – gli ha rivolto un invito alla consapevolezza.
Gino Cecchettin ha confermato di aver ricevuto una chiamata nella quale il giovane esprimeva pentimento e il desiderio di cambiare ma ha aggiunto che la sola cosa che conta è che quella ragazza possa vivere libera e serena e che tutto il resto verrà valutato nel tempo raccontando anche di aver lasciato gli studi per cercare un lavoro, che intende “voltare pagina” e che non vuole più fare del male a nessuno.
Nonostante ciò i familiari della vittima restano profondamente scettici ricordando che il ragazzo aveva chiesto di poter tornare a casa della ragazza nonostante i precedenti, che l’aveva minacciata e perseguitata, che aveva spaventato anche la madre della giovane, e che ogni parola pronunciata oggi dovrebbe essere giudicata con la massima cautela.
Tra giustizia e redenzione: con Gino Cecchettin al centro, la doppia sfida del 19enne: “Non voglio più fare del male, ma devo dimostrarlo”
Il confronto con Gino Cecchettin ha rappresentato un punto di rottura emotivo ma resta aperta la domanda su quanto la giustizia possa e debba fidarsi in quanto il braccialetto elettronico rappresenta un compromesso tra la libertà e il controllo ma funziona solo se chi lo indossa non cerca di ingannare il sistema: la sua installazione servirà a impedire che l’indagato si avvicini alla ragazza che ha già dovuto stravolgere la propria vita.
Il 19enne, che ammette di aver agito per gelosia e che ha raccontato di essere stato “possessivo al punto da non accettare che lei parlasse con altri” dice di voler cambiare ma i suoi atti passati parlano ancora troppo forte ricordando come avesse imposto alla ragazza di non avere amici maschi, aveva cercato di entrare nella sua casa, aveva ucciso l’animale domestico come forma di punizione e in questa situazione, il ruolo di Gino Cecchettin – che ha scelto di parlare al cuore di chi ha sbagliato senza per questo dimenticare la giustizia – diventa centrale anche nel dibattito pubblico.
Gino Cecchettin ha dimostrato che è possibile offrire ascolto anche al colpevole, ma ha ribadito che la sola priorità dev’essere quella di proteggere le donne che subiscono violenza e che il perdono non può mai precedere la fine della persecuzione e ora spetta alla magistratura decidere se credere a questa promessa di redenzione, ma l’opinione pubblica sa bene che le parole non bastano: solo il tempo, i fatti e la coerenza potranno dire se questo giovane sarà davvero capace di cambiare.