Il video discorso di Giorgia Meloni al termine del Consiglio UE informale: il doppio no su fondi di coesione e invio truppe, “sbagliato parlare di riarmo”

LA POSIZIONE DELL’ITALIA SU RIARMO, DIFESA UCRAINA E NATO: LA DIFFICILE SFIDA DI MELONI

Fin dall’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca si sapeva che la sfida di Giorgia Meloni all’interno dell’UE non sarebbe stata facile: essere forse l’unica leader continuamente europeista ad avere un rapporto e un peso diplomatico influente con il nuovo corso della Casa Bianca, avrebbe attirato ritrosie e scontri nei consessi europei. Come ha dimostrato il Consiglio UE informale convocato ieri da Von der Leyen per discutere del piano di riarmo da 800 miliardi di euro ha confermato tale difficile “sfida” della Presidente del Consiglio italiana.



Governo stabile, tra i pochi in Europa – specie rispetto a Francia, Germania e Spagna – ottimi rapporti con l’Ucraina di Zelensky e ancora più ottimali contatti con il neo-Presidente Usa Donald Trump: se da un lato questo rimette l’Italia al centro della geopolitica europea e mondiale, dall’altra porta un difficile posizionamento nel momento in cui Usa, Ue e Ucraina arrivano a configgere su come portare avanti il percorso di pace con la Russia di Putin.



Da qui i vari distinguo messi in campo dalla Premier Meloni al termine del Consiglio UE straordinario nel punto stampa video sul canale di Palazzo Chigi: i “no” su invio truppe e uso dei fondi di coesione per la compravendita di armi, la proposta sull’articolo 5 della NATO, e poi ancora la “pace duratura”, il sostegno all’Ucraina ma anche una ritrosia nell’accettare il termine “riarmo europeo”, meglio puntare sulla difesa comune su tutti i dossier, non solo quello militare. L’Italia ha votato sia il documento unanime sul piano Von der Leyen (clausola di salvaguardia e prestito in stile Next Generation EU) che la dichiarazione sui 5 punti di pace per l’Ucraina (rifiutata dall’Ungheria di Orban) ma presentando diversi punti di discussione e critica che verranno poi affrontati e votati nel prossimo Consiglio Europeo ufficiale.



IL DOPPIO “NO” DELLA PREMIER MELONI E LE CONCESSIONI SUL REARM EUROPE

Per confermare il pieno sostegno all’Ucraina, sia in questa fase di potenziali e prossimi negoziati di pace Usa-Russia, che nel periodo post-tregua quando bisognerà impedire che un conflitto possa riesplodere, la proposta della Presidente del Consiglio punta ad una maggiore allargamento delle regole NATO: «serve estendere l’articolo 5 dell’Alleanza Atlantica a Kiev, potrebbe essere una soluzione duratura».

Secondo Giorgia Meloni uno dei modi per impedire che la guerra Ucraina-Russia possa riesplodere sarebbe quella di allargare anche al Paese invaso tre anni fa – anche senza per forza includerla direttamente nella NATO – una garanzia di difesa con l’articolo chiave dell’Alleanza (che prevede, in caso di attacco contro un Paese membro, l’automatica difesa di tutti gli altri alleati). Piuttosto che inviare le truppe europee in Ucraina come forza di peacekeeping – proposta di Francia e UK – l’Italia sposa l’idea di una garanzia più a lungo termine: piuttosto, ragiona ancora Meloni nel suo punto stampa a Bruxelles, si può discutere dell’invio di truppe NATO, ma queste missioni possono scattare solo a processo di pace iniziato dunque occorre attendere e prepararsi per tempo.

Di sicuro l’opzione di una “coalizione di volenterosi” non rappresenta una soluzione efficace per il Governo italiano, anche perché l’Ucraina necessita di una pace certa e duratura, con garanzie di sicurezza che siano ben oltre la presenza di truppe europee sul suolo ucraino, specie senza chiarire quale sarebbe la linea e la catena di comando. Un secondo e più netto “no” l’Italia lo ha poi esercitato sul piano di ReArm Europe messo in campo da Von der Leyen, nella parte sui fondi di coesione: il nostro Paese ha ottenuto di non rendere obbligatorio e automatico l’uso dei fondi di coesione per l’acquisto di armi o sostegni militari, reputando già sufficiente la clausola di salvaguardia e il prestito garantiti sempre dal medesimo piano di riarmo.

Dirottare le risorse preziose di quei fondi per sole spese di difesa non è un tema positivo per l’Italia, con Meloni che rivendica che la stessa parola “riarmo” non vada utilizzata perché esprime un concetto sbagliato: «serve parlare di difesa comune a 360°», dal tema armi alla cyberisicurezza fino alla difesa dei confini e i temi di materie prime ed energia. L’Europa deve tornare a proteggersi, senza però perdere il legame con Usa e NATO e senza soprattutto impostare una nuova e pericolosa “economia di guerra”.