Lo psicanalista Miguel Benasayag ragiona sui giovani contemporanei, criticando bombardamento di sfiducia verso il futuro che sono costretti a subire
Recentemente intervenuto in occasione della premiazione per il Premio Internazionale “Filosofi lungo l’Oglio”, lo psicanalista argentino Miguel Benasayag si è lanciato in una lunga riflessione sui giovani e sul presente che si trovano ad affrontare, costretti quasi quotidianamente a fare i conti con l’assenza completa di speranze per il futuro e con una serie di minacce che appaiono essere sempre più incombenti, fonte – ovviamente – di incertezze.
Non a caso, parlando con il Sole 24 Ore, Benasayag ricorda che attualmente i disagi psicologici sono, “dopo il mal di chiesta”, tra le principali “sofferenze contemporanee”: sofferenza, a suo avviso, legata anche al fatto che quella cultura tipica degli “ultimi secoli” per cui “il futuro fosse una promessa” e il presente una sorta di “sala d’attesa di una felicità futura”, è stata sostituita dalla percezione che il futuro sia “una minaccia”.
Dimostrano questo punto – spiega ancora Benasayag – le sempre più “esasperate (..) informazioni apocalittiche” tra “il cambiamento climatico, le guerre e la precarietà del lavoro” con l’effetto che i giovani non hanno più “una vita, ma un curriculum vitae”: non a caso lo psicanalista si dice molto “preoccupato” per i giovani bombardati dal “terrorismo” informativo e per “il senso minaccioso sul futuro che stiamo lasciando“.
Miguel Benasayag: “Il passato non è un macigno da superare, ma va abbracciato”
Dal conto di Benasayag è importante sottolinea che “i limiti sono essenziali alla vita” perché è solo attraverso “morte, malattia, impotenza [e] sofferenza” che si può raggiungere “la salute e la gioia” e sarebbe il caso di superare quella che “inammissibilità” del male, ovvero la percezione che un essere umano non possa essere fragile in questo contesto storico di iper-competitività in cui contano solamente le performance.

Essere giovani, secondo Benasayag, significa proprio “esplorare il possibile”, conoscere a fondo “la conflittualità, le vie traverse” per raggiungere un obbiettivo, ma anche “i temporeggiamenti e le assunzioni di rischio”, capendo – e in un certo senso lavorando anche sulla principale fonte di disagio psicologico del presente, specialmente tra i giovani – che “esistere vuol dire aprirsi al presente“; non cercare di superare quel “passato che non passa [e] che obera qualsiasi possibilità di agire sul presente”, ma abbracciarlo.
