Secondo la giurista Giulia Bongiorno per combattere i femminicidi serve un grosso patto che includa politica, genitori, scuola e istituzioni

All’indomani delle polemiche mosse da alcune giuriste sul reato di femminicidio introdotto recentemente e – soprattutto – dell’ennesimo caso che questa volta ha toccato la vita di una ragazzina di appena 14 anni (ovvero, ovviamente, Martina Carbonaro, uccisa dal reo confesso ex fidanzatino Tucci), la giurista Giulia Bongiorno – anche presidente della Commissione Giustizia – ha lanciato un appello sulle pagine del Corriere affinché non si sminuisca la percezione pubblica della gravità di un femminicidio, mettendo precisamente in chiaro che il reato e il termine in sé “non si può e non si deve cancellare”: dal punto di vista di Giulia Bongiorno, non a caso, “la raccolta firme delle giuriste” sarebbe “profondamente sbagliata”, specialmente mentre si “aggravano” sempre di più i reati contro le donne.



In questi casi – spiega e riflette Giulia Bongiorno – il punto è sempre la percezione della donna come “essere inferiore che può essere sottomesso con la forza”, ma, seppur si tratti di un fenomeno antichissimo, l’attuale aggravarsi, a suo avviso, potrebbe essere ricondotto – almeno in parte – anche al fatto che crescono sempre di più gli appartenenti alla “prima generazione completamente digitale”: il problema sarebbe “l’uso eccessivo e distorto dei social” che porta a visionare “messaggi violentissimi [ed] egocentrici”, che li porta a ritenere l’amore “solo una proiezione pubblica di loro stessi” e che mette in assoluto secondo piano il partner, in questo caso donna.



Giulia Bongiorno: “L’intera società può e deve fare il suo per combattere i femminicidi”

La battaglia contro i femminicidi, secondo Giulia Bongiorno, dovrebbe chiamare in causa “tutti”, perché la “politica” di per sé non è sufficiente – anche fermo restando che “non sempre le norme trovano corretta applicazione”, finendo per essere depotenziate – e neppure la “scuola” può arrivare ovunque: dal canto di quest’ultima, la giurista ritiene certamente utili “le lezioni sull’affettività”, ma esorta i decisori affinché si trovino “figure specializzate” che sappiano usare il “linguaggio” dei giovani ed “entrare nei loro meccanismi”.



Anche le famiglie devono avere un ruolo centrale, secondo Giulia Bongiorno, perseguendo l’obiettivo di “limitare al minimo l’uso del cellulare” per i giovani, evitando che “ne abusino”; mentre, dal punto di vista della politica, la sua idea potrebbe essere quella di “valutare la possibilità di abbassare l’età dell’imputabilità da 14 a 12 anni”, portando avanti al contempo le “campagne a tappeto” già avviate e promuovendo la “formazione per le famiglie”: insomma, secondo Giulia Bongiorno, serve un “grande patto politico, istituzionale, generazionale” che metta veramente fine a questa vera e propria piaga sociale.