Dibattito rovente sul dossier migranti e sulla magistratura, in particolare sui rapporti tra politica e giustizia. Intervistato da La Verità, il sostituto procuratore di Roma Giuseppe Bianco ha spiegato che il punto vero è il governo è il governo equilibrato dell’azione penale, ma ogni discussione è condizionata da un correntismo degenere: “Liberare i magistrati comuni dalle pastoie interne è la vera priorità”.
Nel corso del suo intervento – in cui ha acceso i riflettori su una giustizia malata di ideologia – Bianco ha sottolineato che la magistratura non ha investitura elettiva ed è un soggetto funzionariale molto importante ma con un campo ristretto di azione: “Oggi gli ordini tecnici vogliono imporsi sui poteri legittimati democraticamente. È uno scontro mortale fra tecnocrazia e democrazia”. Per l’esperto l’indipendenza del magistrato comune è condizionata da un correntino deforme “che si sente padrone esclusivo dell’indipendenza del giudice, al quale ne concede un pezzo per volta, in cambio del voto di obbedienza”.
Le parole di Giuseppe Bianco
Alcune correnti fanno chiaramente politica attraverso la leva giudiziaria e pretendono una fidelizzazione assoluta, ha aggiunto Bianco. “Durante la pandemia a tutto questo si è aggiunta anche un’eccezionale pressione mediatica. D’altro canto, non bisogna illudersi sul potere della giurisdizione: contano anche i tempi procedurali. I dpcm del lockdown cambiavano ogni 15 giorni”, l’analisi di Bianco: “I processi finivano per estinzione dell’oggetto della contesa, perché appunto ogni 15 giorni l’oggetto moriva e ne nasceva un altro, e il gioco dell’oca ricominciava. Anche la Consulta si è pronunciata dopo due anni, perché l’iter è altrettanto lungo. La domanda è: certe procedure ordinarie sono adeguate rispetto a un modello emergenziale”.