Approvata in terza lettura la riforma della giustizia: alla Camera è stata sfiorata una rissa tra maggioranza e opposizione dopo il voto

Procede serrato l’iter che porterà – con ogni probabilità – all’approvazione della riforma della giustizia fortemente voluta dall’esecutivo guidato da Giorgia Meloni e che includerà anche la separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri: una riforma, appunto, ampiamente promossa dall’intero centrodestra e che ha già riscosso parecchie critiche dalle opposizioni di centrosinistra, proprio oggi votata in terza lettura alla Camera.



Partendo da qui, la votazione per la riforma della giustizia è andata esattamente secondo le attese dell’esecutivo, con la Camera che l’ha approvata con una maggioranza assoluta di 243 voti favorevoli (109 i contrari) e ora la palla passa nelle mani del Senato che dovrà dare l’ultima lettura e il via libera definitivo; mentre i voti odierni non sono stati sufficienti per scongiurare il referendum popolare che – con ogni probabilità – si terrà l’anno prossimo e che rappresenterà l’ultimo step della norma.



Subito dopo la votazione per la riforma della giustizia, hanno nuovamente protestato le opposizioni al punto che dopo un breve battibecco a distanza tra la capogruppo del PD Chiara Braga e il ministro degli Esteri Antonio Tajani, alcuni deputati hanno raggiunto l’area dell’emiciclo riservata all’esecutivo: ne è sorta una piccola bagarre che per poco non sfociava in rissa, con il presidente di turno Sergio Costa costretto a interrompere per qualche minuto i lavori per riportare la calma.

Riforma della giustizia: scontro in aula dopo la votazione (Foto: ANSA/FABIO FRUSTACI)

Cosa prevede la riforma della giustizia: quali sono i tempi necessari per l’entrata in vigore?

Insomma, quella di oggi è stata una votazione importante perché chiude definitivamente la prima parte (nonché la più lunga) dell’iter di approvazione della riforma della giustizia in vista dei prossimi due passi e della definitiva entrata in vigore che – a questo punto – slitterà obbligatoriamente alla seconda metà del 2026: il parere finale sarà quello della popolazione, chiamata alle urne per il referendum che non prevederà alcun quorum.



Complessivamente i pilatri della riforma sono tre: il primo è quello della separazione delle carriere che impedirà cambi di ruolo tra giudici e PM dopo la decisione che dovrà essere presa immediatamente dopo l’ingresso in magistratura; mentre la seconda prevede l’istituzione di due differenti CSM, uno riservato agli organi giudicanti e uno a quelli requirenti; e l’ultimo prevede la creazione di un’Alta corte che assumerà la funzione disciplinare attualmente nelle mani del CSM.