Nelle scorse settimane ha colpito la narrazione fatta dai media europei sui vertici che hanno visto protagonista Trump
Mi metterò dietro alle vostre poste – e v’indurrò per volte e giravolte – per fossi, rovi, sassi, macchie e fratte…”.Così Shakespeare, nel Sogno di una notte di mezza estate, introduce il folletto Puck che, secondo gli esperti di Teatropertutti.it, “è vitalità e caos, ma un caos non malvagio. La cui opera faremmo bene ad accettare, senza tentare ogni volta di contrastarlo inutilmente”.
Il Presidente Trump per molti aspetti ricorda Puck. I suoi modi e le sue improvvisazioni possono certamente non piacere, ma resta il fatto che sta smascherando l’ipocrisia di coloro che ritengono di poter guidare l’Europa come se a governare l’America ci fosse ancora Biden. E che evidentemente agiscono dietro gli input di un potere che sta imponendo le più letali assurdità come il Green Deal, l’auto elettrica, il controllo dei nostri messaggi, la distruzione dell’agricoltura, il riarmo dell’Europa, e tra breve la moneta elettronica che prelude ad un totale controllo sociale.
Questo potere è facilmente identificabile in un Deep State che sta subendo gravi colpi negli Usa, ma trova nell’Europa un terreno ancora assai fertile. Una delle sue armi principali è il controllo dell’informazione: non a caso i sei grandi network internazionali di media sono finanziati dal fondo di investimento BlackRock, che controlla anche le principali agenzie di notizie. Ne consegue che la descrizione e l’analisi della realtà da parte dei media sono fatte in base ai wishful thinking dei loro danti causa.
È impressionante leggere i rendiconti degli incontri ad Anchorage tra Trump e Putin, e a Washington tra Trump e Zelensky, al quale si sono autoinvitati alcuni leader europei, von der Leyen in testa. Financial Times, Le Monde, Wall Street Journal, e da noi La Repubblica, Il Corriere della Sera, La Stampa – solo per citarne alcuni – hanno parlato all’unanimità di “fallimento” di un Presidente ritenuto troppo sensibile alle pretese di Putin.
Ora, si può essere pro o contro l’uno o l’altro, ma è veramente disdicevole che tanti autorevoli editorialisti non colgano l’importanza dell’unico tentativo degno di questo nome di allontanarci da una guerra mondiale pronta a esplodere.
Una guerra non è mai giustificabile, ma non lo è nemmeno la totale omertà sulle sue cause. Si tirano in ballo la sacralità dei confini, dell’autodeterminazione dei Paesi, e la difesa dei valori democratici, ma senza mai ricordare che nel 2014 è stato il Governo americano a indurre di fatto un colpo di stato in Ucraina, finanziando a mani basse una rivolta popolare, con il metodo oramai consolidato delle rivoluzioni colorate.
Non è un segreto, perché se ne è vantata pubblicamente in una audizione davanti al Congresso degli Stati Uniti la diplomatica americana Victoria Nuland, raccontando di come Washington avesse preso il controllo dell’Ucraina dopo i premurosi interventi dello zio Sam: “Agenti statunitensi infiltrati in una dozzina di ministeri ucraini, poliziotti addestrati negli Usa disseminati in 18 città, occupazione di sessanta banche da parte del Tesoro degli Stati Uniti, centinaia di milioni di dollari spesi per plasmare l’esercito ucraino”. In realtà non si trattò affatto di mera di “assistenza”, ma della conquista di un Paese mascherata da aiuto.
Sono poi emerse anche le prove, dal famoso computer smarrito da Hunter Biden, del coinvolgimento del figlio del Presidente in affari che comprendevano pericolosi laboratori di biotecnologie di cui la stessa Nuland si preoccupò, temendo che cadessero in mano ai russi, come poi è avvenuto. Va ricordato che Putin aveva promesso di rivelare cosa c’era nei biolaboratori celati nei sotterranei dell’acciaieria Azovstal, ma la promessa non è stata mantenuta. Secondo diversi whistleblower, vi si facevano ricerche su armi batteriologiche in grado di colpire il DNA di specifiche etnie: ecco perché la Russia si è tenuto gelosamente quel bottino senza mai più parlarne.
Se si guarda poi la cartina dell’espansione della Nato intorno alla Russia negli ultimi anni, si scopre quanto abbia avuto ragione papa Francesco nell’affermare che la Nato è andata ad abbaiare alle porte di Mosca, spingendo Putin a reagire.
Ancora più ipocrita è sostenere che l’Ucraina sia una democrazia: Zelensky ha chiuso tanto i partiti di opposizione quanto i media critici del suo operato, ha sospeso sine die le elezioni. Di fatto, poi, la guerra è diventata la guerra della Nato contro la Russia per interposta Ucraina, e lo dimostra la quantità di ufficiali e soldati di molti Paesi catturati dai russi, per non parlare della quantità di armi con assistenza militare connessa regalate dai paesi dell’Alleanza atlantica.
Pochi giorni fa sono stati pizzicati in una base militare tre alti ufficiali inglesi che coordinavano il lancio di missili e droni di fabbricazione britannica, e gestivano comunicazioni di intelligence. Bene, Starmer ha avuto la sfrontatezza di affermare che erano lì “in vacanza”. E qui siamo ben oltre l’ipocrisia.
A differenza di quanto sta facendo Israele a Gaza, pur combattendo una guerra, i russi non radono al suolo intere città, ed è accaduto spesso, vedi il caso di Bucha, che siano state costruite ad arte, come dubitò Fausto Biloslavo, delle macabre messe-in-scena per scatenare il ludibrio nell’opinione pubblica mondiale.
I mass media mainstream hanno sempre abboccato, raggiungendo limiti di ridicolo incredibili, quando diffusero la notizia che l’esercito russo stava perdendo perché, non avendo più armi, i soldati combattevano con le pale e usando i chip delle lavatrici per costruire i droni. Ma com’è possibile che un giornalista degno di questo nome riporti una notizia del genere senza accertarsi della sua veridicità?
La stessa ipocrisia è stata usata in questi giorni di fronte alle iniziative di Trump/Puck, che ha ricevuto ad Anchorage Putin con tutti gli onori. Titoloni scandalizzati per il fatto che Zelensky non fosse stato invitato. Il giorno dopo invece ecco altrettanti titoloni che lamentavano che non si era deciso nulla sull’Ucraina, cosa che semplicemente sarebbe stato impropria, visto che gli obiettivi erano altri: prima riaprire un dialogo tra grandi potenze e poi trattare a seguire anche dell’Ucraina. Una macroscopica contraddizione.
Quando poi Trump ha invitato Zelensky a Washington, von der Leyen, Merz, Macron, Starmer e Meloni, si sono precipitosamente autoinvitati.
Com’era prevedibile, Trump non li ha ricevuti insieme (ma cosa c’entra poi Starmer con l’Europa?) anzi, ha fatto fare loro una penosa anticamera. Peggio: non li ha nemmeno ricevuti di persona, ma ha mandato ad accoglierli una funzionaria del cerimoniale. Poi, terminato l’incontro con Zelensky, li ha ricevuti, ma lui era dietro una cattedra e loro davanti, in fila come tanti scolaretti cui ha dato la parola per pochi minuti ciascuno. Giova ricordare che soprattutto in diplomazia la forma è essa stessa sostanza.
Ha poi deciso di parlare con Putin 40 minuti al telefono, lasciandoli lì ad aspettare. Di tutto questo abbiamo letto o sentito qualcosa?
No, anzi. I tg non hanno per nulla specificato che sono stati ricevuti separatamente, né parlato del trattamento ricevuto che è stato al limite dell’offensivo. Invece è stato detto e scritto, secondo il whisful thinking dei leader europei, che grazie a loro si sta finalmente perseguendo la pace. Cose da non credere, visto che si viene a sapere che uno di loro ha proposto a Trump di rivedersi tra due mesi, prontamente rimbrottato dal Presidente: “In due mesi ci sarebbero altri 40.000 morti”.
Al tg francese hanno pure avuto l’improntitudine di inquadrare ripetutamente Macron, descrivendolo come il protagonista dell’incontro, e sostenendo pure che è stato lui a chiedere a Trump di telefonare a Putin.
Gli editorialisti italiani, grandi specialisti della doppia morale, hanno messo in risalto che la von der Leyen ha sollevato con veemenza i punti dell’autodeterminazione dei popoli e dei bambini portati in Russia. Beccandosi una secca risposta di Trump: “Non sono temi in discussione oggi”. Probabilmente stava pensando a Victoria Nuland, all’Iraq e a tutti Paesi in cui l’America ha disastrosamente tentato di “esportare la democrazia”.
Gira sui social una foto palesemente realizzata con l’AI, in cui si vedono i leader autoinvitati seduti con aria dimessa lungo una parete, come pazienti in una sala d’attesa. La foto è falsa, ma in questo caso abbiamo un fake che rappresenta alla perfezione la realtà.
Sui social si trova anche una notizia che non ha trovato spazio sui mass media nonostante fosse gravissima: il giorno del meeting ad Anchorage, i servizi russi hanno sventato un grande attentato a un ponte della Crimea con un’auto imbottita di esplosivo di origine finlandese. Auto che era giunta in Russia dopo aver attraversato impunemente diversi di quei Paesi d’Europa così tenacemente interessati alla pace. E poi ci si lamenta perché le vendite dei giornali stanno tracollando.
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