Produzione a -0,8% nel 2024, ma la Lombardia fa molto meglio dell’Italia (-3,7%). È la UE, però, che deve cambiare passo su energia e automotive
“Una situazione stazionaria, che rispetto ad altre zone del nostro Paese non è peggiorata. Noi abbiamo un’idea chiara di come sostenere la nostra economia, ma la prima cosa che deve cambiare sono gli atteggiamenti dell’Europa”. Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana fotografa così la situazione della manifattura regionale come viene inquadrata dai dati dell’Osservatorio economico di Unioncamere Lombardia.
I numeri del manifatturiero lombardo, infatti, evidenziano le difficoltà del momento, ma ribadiscono (lo fa anche Fontana) che la Lombardia è ancora il motore d’Italia, perché se è vero che nel 2024 la produzione industriale regionale è calata dello 0,8% è altrettanto fuor di dubbio che a livello nazionale la performance (negativa) è di -3,7%. Se poi si guardano i dati tendenziali di fine anno, dell’ultimo trimestre, si vede che qualche motivo di speranza c’è: la crescita tendenziale della produzione (+ 0,2%), del fatturato (+1,3%), degli ordini sia interni che esteri (+1% e +4,1%) con settore particolarmente performanti come chimica (+4,5%) e alimentari (+2,7%), cui fanno da contraltare tessile (-8,3%), siderurgia (-3,1%) e, naturalmente, l’automotive.
Il peso che grava sulle imprese lombarde, derivato da guerre e rischi geopolitici, è soprattutto quello del costo dell’energia, come ha sottolineato il presidente di Confindustria Lombardia Giuseppe Pasini. Uno dei temi sui quali proprio la Regione sta sollecitando la UE a intervenire: “Su questo – spiega Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo Economico della Regione Lombardia – ci stiamo confrontando con la UE, perché nel programma della nuova Commissione c’è l’equità del prezzo energetico in Europa, per porre dei limiti alla speculazione finanziaria. Occorre regolamentare questa influenza”.
Proprio la Lombardia aveva proposto un tetto alle contrattazioni per non lasciare campo libero a chi vuole guadagnare sulla testa delle imprese e dei privati. Le aziende italiane, d’altra parte, sono pesantemente penalizzate proprio da questo punto di vista, soprattutto nei confronti di quelle francesi e spagnole, che devono sopportare costi energetici due o tre volte inferiori.
Una richiesta, quella di intervento sul costo dell’energia (atteso anche da parte del governo italiano), che non è rimasta isolata, ma è stata allargata a nuove regole sull’accesso al credito, leva importante per il rilancio dell’economia e alla necessità di scongiurare la guerra dei dazi con gli USA.
Bruxelles è sempre l’interlocutore privilegiato di queste istanze: “Bisogna continuare nell’azione di critica costruttiva e atteggiamento propositivo nei confronti della nuova Commissione europea – prosegue Guidesi – affinché corregga gli errori della precedente, che stanno danneggiando il sistema produttivo ed economico del Continente con il rischio di deindustrializzazione. La non-ammissione, ma ancora più la non-correzione di quegli errori comporterebbe una replica di ciò che sta succedendo nel settore dell’automobile in tanti altri settori”.
La Commissione ha già ascoltato i territori su questo tema, dando prova di un atteggiamento diverso rispetto alla precedente legislatura, ora bisogna vedere se si passerà dalle parole ai fatti. La fase è particolarmente grave perché in Europa è produttivo in questo momento il 25% dell’industria automotive. Una situazione che è la diretta conseguenza di certe decisioni europee. Senza un cambiamento radicale, a cominciare dalla neutralità tecnologica come strumento per abbattere le emissioni delle auto e ridurre l’inquinamento, la concorrenza cinese difficilmente potrà essere vinta.
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