In una Haiti dilaniata dalla guerra civile, anche i preti scappano dalla gang: chiuse 80 chiese nel paese, 60 solo nella capitale Port-au-Prince
È sempre più drammatica la situazione in cui versa Haiti, paese caraibico da tempo al centro di una violenta guerra civile tra una serie di bande e il governo legittimo, per il controllo politico del paese, incentrata soprattutto attorno alla capitale Port-au-Prince ormai quasi interamente dilaniata da uno scontro che non accenna a diminuire, per lo più deserta per la paura che la gang possano mietere vittime per un semplice sospetto di collusione con le autorità e – forse soprattutto – in cui la Chiesa cattolica non trova più alcun posto per la sua missione pastorale.
Capire la portata della crisi in corso ad Haiti è piuttosto difficile visto che le informazioni ufficiali sono piuttosto scarse e – spesso – poco corrispondenti alla realtà effettiva dei fatti, ma secondo l’Organizzazione internazionale delle migrazioni attualmente (o meglio, il mese scorso) il numero di profughi interni tra i civili era superiore a 1,4 milioni, dato superiore alla popolazione complessiva – nel 2022 – della capitale di Haiti.
Ad Haiti la Chiesa non si ferma: 80 parrocchie chiuse, ma la missione pastorale continua
Certo è che ormai la capitale di Haiti è caduta quasi interamente in mano alle gang che controllano la maggior parte di quartieri, delle vie e degli immobili, ma altrettanto certo è che – per ora – il governo non sembra disposto a cedere il potere o a gettare le armi: una situazione – a dir poco – esplosiva e che sembra ripercuotersi anche in larghissima parte sui fedeli cattolici (religione di stato) e sui preti, costretti a prendere parte a questa fuga per non venir uccisi dalle gang.

Anche qui i dati sono piuttosto incerti, specialmente dal punto di vista dei preti costretti ad abbandonare le loro chiese per trovare riparo altrove, ma secondo l’arcivescovo Max Leroy Mésidor lo scorso aprile erano almeno 28 le chiese ufficialmente chiuse, con le restanti costrette in larga parte a ridurre le loro attività; mentre secondo un censimento generale ad agosto il numero di chiese chiuse ad Haiti era superiore a 80, delle quali 60 solo a Port-au-Prince.
Resta, comunque, la speranza e la fiducia di un futuro migliore, ben testimoniata da padre Yves Carlos Romulus – che ad Haiti gestiva la chiesa di Saint Laurent de Bongard, ora in mano alle gang – che ad Avvenire racconta di aver scelto di “accompagnare il mio popolo profugo” là dove ha trovato riparo, offrendo ai fedeli quella che chiama “pastorale del telefono”; mentre direttamente alla gang si rivolge padre Jeanrilus Excellus, chiedendo loro di aiutare Haiti “a sopravvivere”.
