Il Pil italiano nel secondo trimestre ha chiuso in negativo. Può essere utile un confronto con la situazione del resto d'Europa
Il secondo trimestre del 2025 ha registrato una piccola riduzione del Pil reale, un -0,1% che ha abbassato il tasso crescita sullo stesso trimestre dell’anno precedente, il tendenziale, allo 0,4% dallo 0,7% del trimestre precedente.
Nella precedente analisi abbiamo commentato il dato negativo dell’Italia ritenendolo non drammatico in quanto non in grado di compromettere il dato previsionale che nell’ambito del Documento di finanza pubblica della scorsa primavera è stato posto alla base delle previsioni di finanza pubblica.
Questo non implica tuttavia ottimismo per l’immediato futuro considerando che la debolezza dell’economia italiana appare legata a problemi non solo congiunturali ma di più ampia portata della nostra industria manifatturiera, la cui produzione risulta in contrazione da ormai più di un triennio. Si tratta di problemi dal lato dell’offerta, legati all’impegno e alle capacità imprenditoriali non adeguate in alcune industrie chiave, in primo luogo quella dell’automotive.
La domanda interna invece resiste, fortunatamente, ma si sta deteriorando la nostra capacità di export proprio in conseguenza della debolezze della nostra manifattura che appaiono assai più rilevanti rispetto ai rischi dal lato della domanda estera generati dai dazi imposti dal Presidente Usa. Il saldo commerciale dell’Italia, che era tornato nella seconda metà del 2024 a un attivo su dodici mesi di circa 60 miliardi di euro per le merci, è ora in riduzione e nei dodici mesi terminanti lo scorso maggio si è attestato a 56 miliardi, come risulta dalle più recenti statistiche della Banca d’Italia.
Inoltre, mentre prima del Covid e nel suo anno iniziale l’attivo delle nostre partite correnti era all’incirca identico all’attivo sullo scambio delle merci, ora esso risulta più che dimezzato rispetto al medesimo in quanto ridotto per effetto dei disavanzi nella altre componenti, relative ai servizi e ai flussi dei redditi.

Ma come stanno andando le altre economie europee rispetto all’Italia? Nel suo insieme l’Unione europea cresce a una velocità decisamente superiore a quella italiana:
– nel secondo trimestre a fronte del -0,1% dell’Italia, l’Ue ha registrato un +0,2% e l’Euro area un +0,1%;
– uno scarto simile vi era stato anche nel primo trimestre, con l’Italia a +0,3%, ma l’Ue a +0,5% e l’Euro area a +0,6%;
– in sostanza si è interrotta questa specificità per la quale nel biennio di uscita dal Covid, il 2021-22, l’Italia cresceva più rapidamente dell’Europa;
– se passiamo a esaminare il tasso tendenziale vediamo che a fronte dello 0,4% dell’Italia, l’Ue nel secondo trimestre ha registrato l’1,5%, dunque oltre il triplo, e l’Euro area l’1,4%.
Ma le diverse economie europee non hanno la stessa crescita, dunque conviene esaminare le maggiori a una a una. Quella che appare più simile a quella italiana è l’economia tedesca. Nel secondo trimestre dell’anno il Pil reale in Germania è calato anch’esso dello 0,1% rispetto al primo, secondo le prime stime dell’Ufficio federale di statistica, interrompendo i segnali di ripresa che si erano visto nel primo trimestre, quando il Prodotto interno lordo era cresciuto dello 0,3%.
Anche allora il dato era stato lo stesso dell’Italia, così come è identico all’Italia il tendenziale tedesco del secondo trimestre, pari allo 0,4%. In sintesi, abbiamo i due maggiori Paesi manifatturieri ed esportatori d’Europa con tassi di crescita simili e problemi simili, più strutturali che congiunturali. Segnaliamo anche che l’economia austriaca, registrando un debole +0,1% congiunturale è finalmente tornata a un tendenziale positivo, pur contenuto anch’esso nello 0,1%, dopo otto trimestri consecutivi con segno negativo.
Mentre l’economia tedesca è andata peggio delle aspettative quella francese è invece andata meglio. Nel secondo trimestre il Pil della Francia è infatti cresciuto, secondo le prime stime dell’Insee, l’istituto di statistica francese, dello 0,3% rispetto al primo, quando l’incremento era stato, invece, solo dello 0,1%. Il tasso tendenziale si è pertanto attestato allo 0,7%, in crescita rispetto allo 0,6% del primo trimestre.
Altre economie sono tuttavia andate meglio della Francia. La migliore tra tutti i Paesi grandi o medi è la Spagna, cresciuta dello 0,7% congiunturale nel primo trimestre, un dato che registra con piccole oscillazioni ogni trimestre da almeno due anni a questa parte. Questa crescita sostenuta ha determinato un tendenziale del secondo trimestre al 2,8%, lo stesso valore del primo sebbene inferiore di mezzo punto al 3,3% che ha conservato stabilmente dalla primavera all’autunno dello scorso anno. Sono valori che il nostro Paese non vede più dagli anni ’90 del secolo scorso…
Un cenno finale va fatto anche al Portogallo, Paese che conferma anch’esso una precedente crescita sostenuta: la variazione congiunturale del secondo trimestre è stata in questo caso dello 0,6% e quella tendenziale dell’1,9%, in aumento rispetto all’1,7% del primo trimestre.
Qual è il segreto della crescita dei Paesi iberici? O dovremmo forse dire dei Paesi mediterranei in generale visto che la Grecia, di cui non conosciamo ancora il dato del secondo trimestre, ha registrato un tendenziale del 2,2% nel primo e per tutto il 2024 è stata attorno al 2,3%? Ma allora, forse, conviene interrogarci sull’eccezione della non crescita di un Paese mediterraneo particolare che risponde al nome di Italia.
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