La propensione al risparmio resta alta nelle famiglie italiane, nonostante abbia avuto un’impennata con la pandemia per poi scendere e tornare ai livelli pre-Covid già a metà 2022. Da metà 2021 l’inflazione ha però abbassato il potere d’acquisto delle famiglie, e il valore reale dei loro risparmi. A proteggere le consistenze sono state soprattutto le contrazioni dei consumi: questo ha sostenuto il livello di ricchezza finanziaria delle famiglie, oggi pari a circa 5.300 miliardi, 4 volte il reddito disponibile. I numeri del risparmio nazionale arrivano da Visco, che li ha raccolti in occasione della giornata mondiale del risparmio.
Come sottolinea il Sole 24 Ore, è sempre più urgente canalizzare la ricchezza verso investimenti che siano in grado di far crescere il Paese. Ciò che si ottiene, altrimenti, è uno status quo sterile e dannoso. “Cresciuto copiosamente nei due anni di pandemia, nel biennio successivo il risparmio degli italiani non ha visto sostanziali contrazioni” ha spiegato il presidente di Acri Francesco Profumo, evidenziando poi che “il risparmio italiano è prevalentemente fermo sui conti correnti e questo ha determinato una forte erosione del suo amore reale a causa dell’impennata dall’inflazione”.
Risparmio degli italiani distribuito in maniera diseguale
Secondo Francesco Profumo, presidente di Acri, il risparmio italiano “è distribuito in maniera fortemente diseguale e risulta radicalmente concentrato: si stima che il 60% di queste risorse appartengano al 20% delle famiglie più abbienti”. Gli altri non riescono a risparmiare, anzi, hanno “difficoltà a sopravvivere”. Negli ultimi mesi soprattutto c’è stata una ripresa della propensione al risparmio come “risposta, di natura precauzionale, all’incertezza e ai rischi al ribasso sulla crescita”. Secondo la Banca d’Italia, nei primi 6 mesi del 2023 sono stati registrati 70 miliardi di acquisti su titoli di Stato: l’incidenza sulle attività finanziarie ha raggiunto il 4,2%, “valore più alto dal 2014; quella dei depositi il 26 per cento, il valore più basso dal 2008”.
Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, spiega che si tratta di un “segnale molto importante, di un rapporto che deve ispirarsi alla massima correttezza e fiducia reciproca tra risparmiatori e lo Stato che si inserisce in una strategia di più ampio respiro”. Il debito, però, non scende nelle previsioni della Nadef che nel prossimo triennio è dato in crescita. Secondo Antonio Patuelli, il presidente dell’Abi, “occorre riformare e ridurre rapidamente la pressione fiscale sul risparmio investito a medio e lungo termine in Italia”. La richiesta è quella di una distinzione tra investimenti in attività produttive da quelli speculativi.