A Cose Nostre il caso del triplice omicidio dei carabinieri Mario D'Aleo, Giuseppe Bommarito e Pietro Morici, la ricostruzione dell'agguato mafioso del 1983
Strage di Via Scobar, a Palermo 42 anni fa l’omicidio dei carabinieri Mario D’Aleo, Giuseppe Bommarito e Pietro Morici. Un attentato mafioso che mirava a colpire i membri delle forze dell’ordine che stavano indagando sugli interessi della criminalità organizzata in un ambiente particolarmente rischioso, le cui vittime sono ogni anno commemorate come eroi per il particolare coraggio dimostrato.
Dell’eccidio avvenuto nel 1983, si parlerà anche nella trasmissione “Cose Nostre”, che approfondirà il caso ripercorrendo in particolare le tappe del processo di giustizia che ha portato purtroppo alla conclusione dell’inchiesta con notevoli ritardi e con pezzi che ancora risultano mancanti.
Un triplice delitto di cui si parla troppo poco e che proprio per questo viene definito “La Strage dimenticata“, nella quale restano ancora ombre e misteri da chiarire. Il contesto infatti è quello della strategia del terrore portata avanti dai boss di Cosa Nostra nei confronti delle istituzioni e che ha portato anche ad altri omicidi di personalità che stavano combattendo per la legalità e che svolgevano operazioni per conto dell’antimafia.
Strage di Via Scobar, la ricostruzione del triplice omicidio dei carabinieri Mario D’Aleo, Giuseppe Bommarito e Pietro Morici
Il 13 giugno 1983, a Palermo in Via Scobar 22, morirono in un triplice omicidio compiuto dalla mafia, il Carabiniere Pietro Morici, il capitano Mario D’Aleo e l’appuntato Giuseppe Bommarito. Tutti e tre stavano lavorando ad indagini sugli affari di Cosa Nostra, in particolare alle piste che collegavano i boss a personalità della politica sia locale che nazionale e la loro presenza venne considerata particolarmente pericolosa, tanto che per ritorsione scattò un vero e proprio agguato, che colpì le vittime vicino casa.
Il Comandante D’Aleo, fu il primo ad essere ucciso, raggiunto mentre usciva dalla sua abitazione da alcuni colpi di pistola, sparati da due sicari arrivati su due moto. Successivamente, dopo pochi minuti la stessa sorte toccò agli altri due che stavano aspettando in auto l’arrivo dell’ufficiale.
La ricostruzione del caso portò poi ad evidenziare la particolare dedizione e coraggio dei carabinieri nel portare avanti una operazione che già in partenza era stata definita particolarmente rischiosa e contraddistinta prima dell’attentato da una serie di arresti legati ai traffici illegali delle famiglie mafiose nella zona di Monreale.