“Statale o non statale, la scuola è pubblica”: così il Ministro Gelmini durante una recente intervista.
Affermazione ragionevole, perché fondata sull’evidenza, ma che non ha mancato di produrre un certo fragore di vesti stracciate da parte di chi vede nella scuola di Stato l’unica speranza per le giovani generazioni e nella infame scuola “privata” la sintesi di ogni male. Per questi liberi e democratici pensatori si può discutere del maestro unico, del grembiulino, dei voti numerici o dei giudizi, del tempo pieno e dei precari; tutto deve essere pubblicamente dibattuto, nei giornali, nelle sedi sindacali come nelle sedi istituzionali. Ma che la scuola “privata” è pubblica, in quanto offre un servizio pubblico che è un bene per tutti e come tale deve essere riconosciuta e sostenuta, questo non si può e non si deve dire! Men che meno si deve dire che il diritto/dovere di decidere qual è il modello educativo migliore per i propri figli in realtà è solo delle famiglie, e che occorre pertanto metterle in condizione di scegliere liberamente senza essere costrette ad accettare supinamente quanto deciso da altri.
E così, non solo la scuola italiana soffre di una grave e inarrestabile crisi; mostra gravi segni di crisi anche il dibattito stesso sulla scuola, che stenta ad uscire dai confini di quella logica statalista che ne è la principale causa del declino.
Continua ad essere logico, quasi ovvio per la mentalità comune, che debba decidere lo Stato, cioè il governo di turno (o il sindacato che gli si oppone) se sia giusto o sbagliato, per esempio, avere nella scuola primaria il maestro unico, oppure qual è il metodo più adeguato per valutare gli studenti. E chi contesta aspramente queste decisioni lo fa partendo dai medesimi presupposti: non sono le singole istituzioni scolastiche a dover “rischiare” una proposta educativa, magari tenendo conto delle esigenze delle famiglie e delle caratteristiche del territorio, ma ci deve essere qualcuno che dall’alto della propria “saggezza” decide per tutti. Col risultato – e questa è storia – che ad ogni cambio di legislatura e di colore politico del governo cambiano anche le carte in tavola, poiché non importa cosa è davvero bene, quanto affermare il proprio potere.
Dopo anni e anni di svilente dibattito e di inutili riforme, realizzate faticosamente e parzialmente anche a causa dell’azione paralizzante dei sindacati (preoccupati solo di garantire il posto di lavoro ai propri tesserati e di osteggiare i governi politicamente avversi), occorre quindi un cambiamento reale. Che non è tanto, o solo, un cambiamento di strutture e di norme, ma innanzitutto di orizzonte culturale. Occorre passare dalla scuola di Stato, amministrata e regolamentata attraverso circolari ministeriali, in cui le linee pedagogiche sono stabilite dagli specialisti di turno, alla scuola della società civile, frutto dell’iniziativa di quei soggetti che hanno a cuore l’educazione e l’istruzione delle nuove generazioni. Certo, in un quadro di valori condivisi e di regole generali riconducibili al dettato costituzionale; però con un nuovo assetto, in cui la scuola di Stato sia una scuola tra le altre scuole libere ed in cui esista una molteplicità di offerte formative. Una libera scuola in una libera società.
Diversamente, il dibattito continuerà ad avvitarsi su se stesso, producendo solo sterili polemiche e faziosità senza fine e ci sarà sempre qualcuno che si attribuisce il potere di decidere che cosa è meglio o cosa è peggio per educare e istruire i nostri figli …
Le reazioni scomposte (fino al limite del ridicolo) alle affermazioni del ministro Gelmini indicano che questa volta è stata davvero imboccata la strada giusta. E se alle parole seguiranno provvedimenti coerenti, atti a creare maggiore libertà per tutti e minore invadenza dello Stato nel sistema di istruzione, sarà l’inizio di un nuovo orizzonte. Sicuramente sarà battaglia, ma la scuola italiana ne ha bisogno come dell’aria per respirare.
Anche per questo, non possiamo che essere grati per lo spazio che ilsussidiario.net ha messo a disposizione della FOE con la rubrica “IlParitario.net”: ci auguriamo che sia come una finestra dalla quale ci si possa affacciare per vedere questo nuovo orizzonte, che magari è ancora lontano ma è già reale.