A conclusione del convegno del Centro Studi Scuola Cattolica, il Santo Padre è tornato a parlare di parità scolastica e lo ha fatto col suo consueto stile, pacato e netto; come una lama affilatissima che taglia senza fatica e senza produrre sbavature, ha inquadrato con poche parole la controversa situazione in cui si trova la scuola italiana e, in essa, la scuola cattolica.
Ha sostenuto la parità scolastica ribadendo che «occorre favorire quella effettiva uguaglianza tra scuole statali e scuole paritarie, che consenta ai genitori opportuna libertà di scelta circa la scuola da frequentare»; ha sottolineato che c’è una domanda crescente di educazione di qualità, per cui «la frequenza alla scuola cattolica in alcune regioni d’Italia è in crescita rispetto al decennio precedente»; ha posto l’accento sulle contraddizioni del tempo presente, dato che «proprio nel contesto del rinnovamento a cui si vorrebbe tendere da chi ha a cuore il bene dei giovani e del Paese», la risposta a questa domanda è ostacolata o addirittura apertamente combattuta, per cui «perdurano situazioni difficili e talora persino critiche». Ha, infine, indicato la via da percorrere: «l’approfondimento della cultura della parità non sempre apprezzata, quando non segnata da equivoche interpretazioni».
Sono parole chiare e inequivocabili, ma da quanti saranno ascoltate? Basta molto meno per scatenare la rabbia di quelle forze di conservazione – ormai un’elite, per la verità – che in questi giorni stanno sollevando un gran polverone a causa dei provvedimenti del Ministro Gelmini, sostenute dalla grancassa del mondo dell’informazione.
E dire che ci sono esempi di passione educativa condivisa e di collaborazione fra scuole paritarie e scuole statali che dovrebbero far riflettere. Significativo, al riguardo, è quanto sta avvenendo in Lombardia, dove è partita l’esperienza di “Compiti amici”. Si tratta di un doposcuola per alunni con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), avviato a Milano dalla Cooperativa San Tommaso Moro, in collaborazione con il Sindacato delle Famiglie e con il contributo della Regione. La collaborazione che si è creata tra le scuole coinvolte, che hanno diverso ordinamento (scuole statali e paritarie) e orientamento culturale (scuole della Comunità ebraica e Rinascita, scuola sorta da un’esperienza culturale popolare), può costituire un primo passo, iniziale ma estremamente significativo, verso un progetto in rete delle scuole statali e paritarie da attuarsi con i fondi del diritto allo studio, in una partnership stato-privato riconosciuta dalla Regione Lombardia.
Di diversa caratterizzazione, ma ugualmente significativo, è quanto invece è stato fatto Bologna, dove la Ducati (nota marca motociclistica) ha realizzato, grazie allo spirito di intrapresa ed alla genialità educativa del liceo paritario Malpighi, uno straordinario laboratorio di fisica, “Fisica in moto”, a disposizione di tutte le scuole del territorio. Oltre ad essere uno splendido esempio di rapporto fra scuola ed impresa e di innovazione didattica, il laboratorio è espressione di quella attenzione al bisogno di imparare e di capire che è proprio dei ragazzi. Una sensibilità educativa, insomma, che è davvero una ricchezza per tutti..
Chi continua a disprezzare “la cultura della parità”, segnandola con “equivoche interpretazioni”, non si rende conto che produce un danno a se stesso e a tutta la società, perpetuando quel modello statalista che è la vera rovina della scuola italiana. Perché (come scrive Renato Farina in un bell’articolo apparso il 26 settembre su Libero) «in un regime di monopolio tutto scade. Non c’è tensione, mancano progetti veri». I due esempi citati sopra – due fra i tanti possibili – sono invece progetti “veri”.
Basterebbe uno sguardo libero dal pre-giudizio per rendersi conto che il Papa, proponendo la parità, non si preoccupa della salvaguardia della propria “riserva indiana” di scuole, ma ha a cuore, come un buon padre, il bene di tutti i suoi figli, a partire da quelli più piccoli e indifesi: le giovani generazioni.
Le forze della “conservazione” provino a tenerne conto, se non vogliono che la conservazione, nel volgere di un breve periodo, si riveli per ciò che è realmente: la distruzione della scuola, e con essa della società italiana.