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Home » Turismo e Viaggi » IMPOSTA DI SOGGIORNO/ Le proposte di riforma per la tassa che non sempre aiuta il turismo

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IMPOSTA DI SOGGIORNO/ Le proposte di riforma per la tassa che non sempre aiuta il turismo

Alberto Beggiolini
Pubblicato 1 Febbraio 2024
Turisti a Roma (Ansa)

Turisti a Roma (Ansa)

È iniziato il dibattito propedeutico alla riforma dell'imposta di soggiorno, che oggi più che aiutare il turismo alimenta le casse comunali

Fuoco incrociato sulla tassa di soggiorno, in vista della discussione in commissione Finanza e Tesoro del Senato, propedeutica alla sua riforma complessiva. “La tassa di soggiorno dovrebbe essere una tassa di scopo e i soldi che si pagano bisogna investirli nelle politiche del turismo. Ma spesso la tassa di soggiorno viene usata dai Comuni per appianare i debiti, e non va bene: dovrebbe diventare una tassa di scopo, e i soldi che entrano per il turismo devono essere spesi per il turismo”. Lo sostiene il ministro al Turismo Daniela Santanchè, sfondando porte aperte che però tutti finora hanno ignorato.


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L’imposta di soggiorno è un tributo locale, applicato a carico di chi soggiorna (o pernotta) in una struttura ricettiva che si trova in un Comune in cui tale imposta è stata istituita, ovvero quelli turistici, le città d’arte e i capoluoghi di provincia. L’ammontare incassato dai Comuni deve (dovrebbe…) essere interamente investito in ambito turistico. Si tratta di un’imposta che risale addirittura al 1910, che rimase attiva fino al 1988, quando venne abolita, nella volontà di ridurre i costi a carico del turista. Fu poi reintrodotta tra il 2011 e il 2012, nel crescere dell’autonomia per gli enti locali. Ma l’applicazione riservata solo a certi Comuni, e soprattutto l’uso distorto dei fondi che ne derivano, stanno motivando le critiche che oggi spingono a una revisione.


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L’Anci (l’associazione dei Comuni), ad esempio, ritiene necessario “un intervento legislativo semplificativo che conceda a tutti i Comuni italiani il diritto di istituire l’imposta di soggiorno, poiché attualmente la soggettività attiva è limitata a Comuni capoluogo di provincia, Unioni di Comuni e Comuni inseriti in appositi elenchi turistici”. Un’estensione giudicata necessaria anche da CNA turismo e commercio: “Deve prevedere una regolamentazione uniforme per tutti i Comuni italiani. L’imposta, preso per base di computo il prezzo per il solo pernottamento stabilito dalla singola struttura ricettiva, dovrebbe essere proporzionale all’importo stesso, fissando un tetto massimo che non superi comunque i 5 euro per giorno”. CNA ha anche chiesto che negli interventi di revisione dell’imposta di soggiorno sia esplicitato il fine per l’utilizzo del gettito da parte dei Comuni attraverso il coinvolgimento, in uno specifico tavolo, anche degli operatori del settore, per individuare le modalità di utilizzo direttamente riferibili al turismo. “La revisione della norma dovrà prevedere anche la semplificazione dei meccanismi legati al gettito dell’imposta e il monitoraggio sul suo effettivo utilizzo che può prevedere anche iniziative per il sostegno agli operatori del settore e in diverse forme di intervento più direttamente legate al turismo, come ad esempio azioni volte alla qualificazione e al ripristino del decoro di luoghi pubblici di interconnessione ed intermodalità del turismo”.


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Le parole del Ministro hanno trovato sostegno anche da Assohotel. “L’imposta di soggiorno, come chiediamo da anni, deve essere una imposta di scopo: esprimiamo dunque il nostro apprezzamento per la posizione assunta dal ministro”, ha detto Vittorio Messina, presidente di Assohotel Confesercenti. Secondo Messina, “in una visione strategica di rilancio del turismo non ha senso continuare a mantenere quella che definiamo una gabella poco gradita: in teoria avrebbe dovuto essere un’imposta destinata agli investimenti per lo sviluppo del turismo, ma le risorse sono arrivate al comparto con il contagocce in questi anni, poiché di fatto si è tradotta in un modo per fare arrivare maggiori risorse ai Comuni che, peraltro, non sempre hanno utilizzato le somme incassate per le finalità previste. Occorre dunque una nuova regolamentazione uniforme su tutto il territorio nazionale: non si può continuare ad utilizzare un comparto fondamentale per l’economia del Paese per drenare risorse da trasferire a livello locale”.

Sulle stesse posizioni anche Federalberghi, l’associazione forse più coinvolta. “La decisione di individuare l’esercizio ricettivo come unico punto di prelievo nei confronti dei turisti è profondamente iniqua. Perché in questo modo l’imposta di soggiorno non è pagata dagli escursionisti, che invadono le città senza pernottare, né da coloro che pernottano in alloggi semiclandestini. Perché chi soggiorna nelle strutture ricettive già concorre in misura cospicua al pagamento delle imposte locali, in primis la Tari. Perché oggi il prelievo grava su una sola delle attività che traggono beneficio dai flussi turistici. Proponiamo pertanto di sostituire la tassa di soggiorno assegnando ai comuni una quota del gettito Iva prodotto da tutte le attività turistiche ovvero istituendo una city tax”, ha sostenuto il direttore generale di Federalberghi, Alessandro Nucara, in audizione presso la Commissione Finanze del Senato. Nucara ha poi espresso il sostegno di Federalberghi alla proposta di istituire una regolamentazione quadro che disciplini in maniera uniforme l’imposta di soggiorno su tutto il territorio nazionale e ha formulato un insieme di indicazioni sui contenuti che dovrebbe assumere tale regolamentazione.

Secondo Federalberghi, i principi cardine del processo di revisione devono essere “la trasparenza (ogni comune deve dar conto di quanto incassa, di come spende tali risorse e dei risultati delle misure adottate), la neutralità (l’imposta deve essere applicata in tutti gli alloggi turistici, dal grande albergo al piccolo appartamento), la ragionevolezza (confermando il tetto massimo di cinque euro per persona, che già oggi costituisce una sovrattassa cospicua, mediamente pari a circa l’8% del prezzo) e il coinvolgimento (le decisioni concernenti l’istituzione della tassa e la destinazione del gettito devono essere prese con la partecipazione degli operatori)”. “La legge prevede che l’imposta debba finanziare interventi a sostegno delle strutture ricettive, ma questa previsione è inapplicata dai comuni – ha proseguito il direttore -. Chiediamo quindi che il nuovo regolamento nazionale sia accompagnato da una misura stabile, che finanzi la riqualificazione delle strutture ricettive destinandovi un’aliquota del gettito dell’imposta di soggiorno”.

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Tags: Daniela SantanchÈ

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