Le valutazioni degli asset “sono ai minimi storici” e “c’é bisogno di capitali per favorire la crescita”. Con queste parole Mario Monti, al secondo giorno della visita nei Paesi del Golfo, cerca di attrarre nuovi investitori nel mercato italiano. “Ci troviamo in un momento in cui i titoli a reddito fisso e le valutazioni delle imprese in Italia sono bassi”, ha aggiunto il presidente del Consiglio in conferenza stampa. Oggi, quindi, “c’è l’opportunità di fare buoni investimenti in Italia”. Insomma, il Premier invita di fatto a comprare, adesso e abbondantemente, proprio perché tutto nel nostro Paese sembra essere a buon mercato. A Dubai, dopo l’incontro con il primo ministro del Qatar, Monti ha annunciato la firma di una joint venture paritaria tra il fondo di investimento del paese del Golfo “Qatar holding LLC” e il “Fondo strategico Italiano Spa” della Cassa depositi e prestiti. Un progetto dal valore di due miliardi di euro che prevede l’ingresso di capitali del Qatar in numerosi settori della nostra economia, dal lusso all’abbigliamento, fino al turismo, all’arredamento e all’alimentare. “Gli investimenti esteri – ha voluto sottolineare il capo del governo – daranno un effetto immediato alla crescita, mentre altre riforme daranno benefici più avanti, ma già adesso rendono l’Italia più attraente per i capitali stranieri: l’arrivo di investimenti esteri è il risultato del risanamento e noi continueremo su questa strada per incoraggiare la comunità internazionale a investire da noi”. Claudio Borghi Aquilini, docente degli Intermediari finanziari all’Università Cattolica di Milano, si dice però scettico riguardo le parole e il “tour” del Professore nei Paesi del Golfo.
Come mai?
Come già visto in passato, siamo costretti a vendere gli asset all’estero a prezzi stracciati dopo che qualcuno ha contribuito ad aggravare la crisi economica italiana. L’aspetto che più di tutti mi lascia perplesso è che non solo dobbiamo svendere i nostri beni, ma sembra che dobbiamo anche essere grati per questo. Vorrei solo ricordare che un diretto investimento estero in Italia è di fatto equivalente a un debito.
E per questo non ne abbiamo bisogno…
Certo. Faccio un esempio: se un Paese estero acquista una nostra azienda ci troviamo inizialmente con un ingresso immediato di denaro, ma che poi dobbiamo ovviamente restituire sotto forma di utili che lasciano i nostri confini. Vorrei poi anche utilizzare l’esempio del Giappone.
Si spieghi.
Il Giappone si trova in una situazione totalmente opposta rispetto alla nostra: a fronte di un debito molto forte, proprio come il nostro, vanta al contrario un’enorme quantità di investimenti all’estero. Quindi, alla fine, il bilancio giapponese è comunque in positivo proprio grazie ai ritorni degli investimenti fatti fuori dal Paese. Sono convinto che in questo momento l’Italia abbia abbastanza debito e che non sia certamente utile produrne ancora.
Come crede si stia affrontando adesso il problema?
Attualmente non si sta minimamente affrontando il problema del perché il Paese si trova in una situazione assolutamente non competitiva rispetto agli altri e del perché è in costante crisi di debito. Anzi, apparentemente sembra che si stia facendo tutto il contrario di ciò che dovrebbe invece essere utile all’Italia. Pochi giorni fa stavo rileggendo uno dei tanti editoriali di Monti, scritto più di un anno fa, in cui afferma chiaramente che nelle mosse del governo Berlusconi, pur avendo i conti a posto grazie a Tremonti, non era stato fatto nulla per la crescita.
Poi è arrivato lui a capo del governo.
Arriva lui e dalla previsione di +0,7% che aveva fatto il Fondo monetario internazionale andiamo fino al -2%. Bisognava puntare dunque sulla crescita, ma non è stato fatto.
Come si spiega dunque il viaggio nel Golfo?
Bisogna vedere con quali obiettivi si sia recato in quei Paesi: come hanno già fatto sapere i cinesi in passato, nessuno ha intenzione di comprare il nostro debito, quindi spero che l’intento non sia quello di proporre una riedizione delle svendite del patrimonio italiano viste negli anni Novanta a seguito di una crisi indotta. Sembra quasi che sia una cosa normale e positiva mettere in difficoltà il Paese per poi consentire ad altri di acquistare i nostri asset a prezzi stracciati. Non dico che non possiamo vendere in generale, ma è un’operazione che va fatta quando il mercato è ai massimi, non quando è disperato. E questo ricordandosi comunque che, come detto finora, la vendita non risolve assolutamente nulla.
(Claudio Perlini)