La Colgar International di San Pietro all’Olmo, alle porte di Milano, è un’azienda leader nella fabbricazione di macchine per asportazione di truciolo (fresalesatrici) e per deformazione (presse piegatrici). Un anno fa circa è stata acquisita dal gruppo cinese Tianshui Spark Machine Tools. «Abbiamo beneficiato della liquidità della Corporate mantenendo intatta la struttura produttiva in Italia e i relativi standard di qualità. Avevamo clienti in comune e ovviamente questo ha facilitato una nostra maggiore entratura in un mercato importante come quello cinese. Ma soprattutto ci ha permesso di avere un cash flow migliore di quello offerto dal sistema bancario italiano negli ultimi anni». Chi parla è Alberto Viganò, sales and marketing manager dell’azienda che in questa intervista ci racconta come stanno andando le cose a un anno dall’avvio della nuova gestione. «Nel nostro caso – aggiunge Viganò – il supporto finanziario è la base del business. Le nostre macchine infatti sono abbastanza complesse e richiedono tempi di approntamento che vanno dagli 8 ai 12 mesi. E spesso le aziende che le acquistano pagano più del 50% quando la macchina è pronta per essere spedita».
Come avete chiuso il 2013?
Nonostante i primi mesi di difficoltà, dovute principalmente al passaggio di proprietà – abbiamo perso praticamente due mesi per ricostruire e passare gli ordini di fornitori e clienti alla nuova società – siamo riusciti a portare a termine il nostro progetto iniziale. Abbiamo chiuso con un fatturato che si aggira attorno ai 17 milioni di euro. Un risultato molto positivo perché, oltre l’estero, abbiamo guadagnato anche una piccola fetta di mercato italiano che all’inizio del 2013 era davvero impensabile.
Com’è andata sul mercato interno, c’è sempre crisi profonda?
Il mercato italiano rimane importante per la subfornitura di componenti destinati all’automotive, all’industria energetica e alla meccanica generale. Spesso però le commesse non nascono da aziende italiane ma arrivano dall’estero, in genere da Germania e Francia.
Nel vostro settore la concorrenza è molto agguerrita, no?
Nel settore delle macchine per asportazione del truciolo le aziende italiane sono leader mondiali. Pertanto la battaglia si gioca spesso in casa tra società, diciamo, amiche-nemiche. È chiaro che quando un cliente si muove coinvolge tutti i possibili fornitori: forse è anche per questo che si nota una piccola ripresa; l’italiano infatti preferisce acquistare un prodotto italiano piuttosto che uno straniero.
È andata meglio all’estero?
Proprio dall’estero, in particolare dai paesi in via di sviluppo, è arrivata la maggior parte del nostro fatturato. Tra l’altro la nostra azienda è un po’ anomala.
In che senso anomala?
In pratica siamo due aziende in una, perché oltre alle macchine per l’asportazione del truciolo facciamo altri macchinari.
Di che tipo?
Sono sempre macchine per l’industria pesante, per la deformazione della lamiera, dedicate al taglio e alla piegatura di metalli, come acciaio e ferro e materiali altoresistenziali. Anche in questo settore notiamo che quando il mercato interno si muove si orienta preferibilmente su un fornitore italiano. All’estero invece, per grandi impianti la differenza tecnologica che proponiamo è superiore e molto evidente e quindi siamo più avvantaggiati.
Una ripresa quindi si è vista.
Una piccola ripresa effettivamente c’è stata, anche se non in termini di venduto, di fatturato ma in termini di prospettive da sviluppare quest’anno.
Cioè?
Noi italiani siamo specializzati nel “customizzare” le macchine; siamo in grado di upgradare da un anno all’altro la macchina del cliente con accessori che gli consentono di affrontare nuove commesse di lavorazione. Dietro tutto questo c’è evidentemente uno studio di progettazione che analizza le risorse più idonee per arrivare alle soluzioni migliori. Da noi lo sviluppo delle macchine è sempre all’ordine del giorno. Ogni cliente che arriva da noi parte da una macchina definita a catalogo, ma poi, nel contratto finale, quella che acquista contiene accessori che sono stati sviluppati praticamente da zero o quasi.
Macchinari così grandi devono essere dotati di sistemi di sicurezza avanzati. Voi cosa fate su questo fronte?
Quello della sicurezza è un aspetto molto importante. Per le dimensioni e la tipologia di lavoro che svolgono, le nostre macchine sono anche “pericolose”. Oltre alla sicurezza del prodotto è però importante seguire la stessa cultura all’interno dei vari processi che devono essere sorvegliati affinché tutto si svolga senza incidenti. Quelli della sicurezza sono costi aggiuntivi che spesso, però, non sono considerati da chi acquista. Purtroppo sul mercato estero ci si trova in concorrenza con costruttori che propongono macchine simili, ma che non tengono conto delle normative sulle sicurezza. Sotto il cappello della sicurezza c’è infatti un ampio bagaglio tecnologico. Per questo i costi sono molto elevati; e tutti quelli che costruiscono in Italia devono sostenerli. Ma vanno mantenuti perché fanno parte della qualità di un prodotto sempre più all’avanguardia.
Chi non riconosce quei costi?
Accade soprattutto nei paesi in via di sviluppo dove le norme di sicurezza sono ancora a uno stadio molto iniziale.
Che prospettive di sviluppo avete?
Più che parlare di sviluppo bisogna pensare a un mantenimento. Che non equivale a non svilupparsi, anzi. Vuol dire fare sempre qualcosa di nuovo per rimanere sul mercato e cercare di garantirsi sempre quelle fette di mercato che oggi ci appartengono. Grazie alla casa madre, le prospettive riguardano soprattutto un aumento della nostra presenza sul mercato cinese. Per il futuro abbiamo una serie di programmi…
Quali?
Ad esempio, quello di inglobare maggiormente le risorse cinesi della casa madre affinché siano in grado di garantire, da loro, in loco un servizio di assistenza idoneo che giustifichi un prodotto europeo di alta tecnologia.
In più?
Ci stiamo attrezzando per riuscire a garantire ai nostri clienti macchine sempre più performanti, sia in termini di grandezza che di precisione. Purtroppo sono state sforate tutte le soglie relative alle dimensioni costruttive delle macchine. Chi fino a qualche anno fa faceva macchine di una certa taglia, per trovare spazio sul mercato si è messo a produrre macchine più grandi. La stessa cosa sta accadendo anche a noi. Attualmente abbiamo in produzione una macchina da 7 metri di verticale, una delle più grandi che abbiamo fatto fino a oggi. E non sarà la prima perché oggi nel mondo le richieste sono sempre più legate a questi nuovi standard.