“L’economia italiana è uscita dalla recessione”. Ad annunciarlo è stato Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, durante il suo discorso sul Def in Senato davanti alle commissioni Bilancio congiunte. Il ministro ha aggiunto di essere “fiducioso della positiva accoglienza per la clausola di flessibilità da parte della Commissione Ue e del Consiglio”, consentendo così un parziale scostamento rispetto all’Obiettivo di medio termine (Mto) con raggiungimenti del pareggio nel 2017. Ne abbiamo parlato con Francesco Daveri, professore di Scenari economici per il management all’Università di Parma.
Davvero si può parlare di ripresa con una crescita da pochi decimi di punto?
Meglio 0,1% che zero e meglio zero che -1%. Visto che nel 2012 abbiamo registrato un -2,8%, nel 2013 -1,9% e nel 2014 -0,4%, se quest’anno riusciamo ad avere un più zero virgola qualcosa va comunque bene, in quanto l’importante è tornare al segno più che dovrà essere consolidato nel tempo. Quando Padoan parla del dato congiunturale per il primo trimestre, il riferimento è ancora alle previsioni. La stima preliminare dell’Istat sul primo trimestre 2015 sarà pubblicata solo intorno a metà maggio. Tutti sono d’accordo sul fatto che sarà un +0,1%, ma si tratta pur sempre di una previsione.
Padoan ha detto di essere fiducioso che Bruxelles accoglierà la clausola di flessibilità. È una fiducia fondata?
Nel Def il governo è stato attento a spiegare come interpreta le regole europee e in che senso si può deviare da queste regole, adducendo il fatto che sono in corso riforme di un certo peso che porteranno a un risultato di qui a qualche tempo. Le regole europee prevedono che questo sia uno dei requisiti che fanno scattare una maggiore flessibilità.
Con quali effetti?
In questo modo non ci vincola ad andare più rapidamente all’obiettivo di pareggio del deficit strutturale in quanto abbiamo più tempo per farlo. Da questo punto di vista non mi aspetto che Bruxelles sollevi delle ulteriori obiezioni rispetto a quelle mosse lo scorso autunno. Per il governo si tratta di andare avanti sulla fitta agenda di riforme che si è dato e che ha scritto nel programma nazionale che fa parte del Documento di economia e finanza.
Secondo Bankitalia, il tesoretto va riassorbito nel bilancio. Lei che cosa ne pensa?
Ritengo che sia stata data un’enfasi eccessiva al dibattito su che cosa fare di un +0,1% del Pil che non si a neanche se ci sarà effettivamente. Un +0,1% del Pil può scomparire appena cambia la congiuntura economica internazionale. Il tesoretto è saltato fuori perché c’è più crescita rispetto a quanto preventivato, e quindi automaticamente più entrate fiscali e una minore spesa per i disoccupati o l’assistenza ai poveri. Se la congiuntura dovesse però peggiorare questo tesoretto non ci sarebbe più. Di fronte a una cifra piccola e temporanea l’ideale sarebbe metterla da parte anziché spenderla, e la proposta di Bankitalia è quindi sensata.
L’Italia sta facendo le riforme necessarie per rilanciare l’economia?
Le riforme vanno fatte per tante ragioni, una delle quali è estendere i diritti acquisiti a chi non ne beneficia. Vanno resi più aperti i servizi nel mercato del lavoro, e occorre inoltre garantire ai giovani una possibilità d’ingresso nella Pubblica amministrazione, facendo ripartire i concorsi. Non so se ciò porterà a un forte risultato in termini di ripresa economica, in quanto la crescita che manca oggi deriva dal basso potere d’acquisto e dall’eccessiva tassazione. Se non si introduce una riforma fiscale la crescita del Pil rischia quindi di mancare. Un altro problema riguarda il credito bancario, ma per farlo funzionare più che la bad bank sarebbe meglio attuare una riforma del diritto pre-fallimentare.
(Pietro Vernizzi)