Mentre settimana scorsa il Presidente della Banca d’Italia, Ignazio Visco, aveva detto “Siamo in una fase di ristagno e l’Italia è in ritardo su quasi tutto. Si prevede che solo alla fine di quest’anno il Pil dell’area euro ritornerà ai livelli produttivi del 2008, ma l’economia italiana è ancora molto lontana e ci vorranno diversi anni”, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, l’altro giorno ha spiegato che “Siamo a un punto di svolta. L’economia italiana si sta rafforzando e questo alimenta ed è alimentato da un clima di fiducia”. Abbiamo chiesto un commento a Francesco Daveri, professore di Scenari economici all’Università di Parma.
Professore, cosa pensa delle dichiarazioni di Padoan, tenendo presente anche quello che ha detto Visco la scorsa settimana?
C’è da dire che i dati del secondo trimestre sono ancora piuttosto problematici. Se il Pil è correlato all’andamento della produzione industriale, dei fatturati, delle vendite al dettaglio, i numeri non sono quelli di un’economia in rapida accelerazione. C’è però un elemento che induce a essere ottimisti per il futuro: l’andamento degli ordinativi. Credo quindi che le parole di Padoan si riferiscano a quest’ultimo dato, mentre Visco poteva avere in mente quelli che ho menzionato all’inizio.
Cresce l’attesa per il referendum in Grecia, quale potrebbero essere le conseguenze di questa crisi per l’Italia?
Supponendo che si arrivi in un modo o nell’altro a un rinnovo del prestito ad Atene, magari con ancora qualche settimana di trattativa, possiamo immaginare che lo spread salga un po’, ma senza raggiungere alti livelli. Va ricordato che nel Def il Governo ha basato le sue previsioni su uno spread a 150 per il 2015 e a 100 per il 2016. Finora il differenziale è stato sotto la soglia di 150, quindi se anche dovesse salire un po’ non sorgerebbero problemi.
Questo posto che si arrivi a un accordo, ma potremmo trovarci di fronte a uno scenario più drammatico
Allora saremmo in acque inesplorate, ed è realmente difficile fare previsioni. Ritengo che l’ombrello di Draghi sia in grado di controbilanciare una situazione di Grexit, perché la Bce potrebbe acquistare titoli di stato portoghesi, italiani e spagnoli con le risorse già stanziate per il Quantitative easing. Dovessi fare un’ipotesi, direi che potremmo avere un aumento dello spread di 100 punti base.
Intanto ci avviciniamo alla Legge di stabilità, con cui si prevede di eliminare le clausole di salvaguardia che farebbero scattare un aumento dell’Iva e di finanziare una riforma delle pensioni, oltre che il rinnovo dei contratti della Pa. Ce la farà il Governo a rispettare i vincoli di bilancio?
Il sentiero si farà davvero stretto. Il nodo più grosso è quello delle clausole di salvaguardia, la cui mancata cancellazione sarebbe un elemento recessivo, un freno alla ripresa da evitare a tutti i costi. I 16 miliardi necessari non sono facili da reperire e credo sia venuto il momento che il Governo scopra le sue carte sulla spending review, anche per capire se sia necessario fare qualcosa di più.
In che senso? Tagliare più spesa?
Ci sono varie aree che sono state indicate anche in un libro da Cottarelli e penso che sia la fonte alla quale il Governo dovrebbe ispirarsi per ampliare il menù dei tagli da compiere, come ad esempio sulle società partecipate dagli enti locali. Credo che non ci siano alternative: di aumenti di imposta sarebbe meglio non parlarne.
In effetti Padoan ha detto che la priorità resta quella del taglio delle tasse e anche Renzi ha dichiarato di essere pronto a scommettere su una diminuzione delle imposte nel 2016. Secondo lei, si potrà realizzare?
Mi accontenterei che le tasse non salissero, perché in effetti gli impegni aggiuntivi di spesa emersi quest’anno sono piuttosto consistenti. Credo che il sentiero per ridurre le imposte sia molto stretto. Bisogna provarci, ma occorre fare anche i conti con le risorse disponibili.
(Lorenzo Torrisi)