Incel: uomini frustrati e isolati che odiano le donne online e trasformano il loro disagio in rabbia, stasera se ne parlerà su Zona Bianca

Il termine incel è ormai entrato nel  nostro lessico quotidiano, ma ciò che descrive è tutt’altro che semplice da raccontare  e a parlare di questa subcultura online sempre più diffusa, sarà stasera Zona Bianca, in onda in prima serata su Rete 4; nata ai margini del web ma oggi presente anche nei titoli di cronaca, raccoglie uomini – spesso molto giovani – che si definiscono “celibi involontari”, ovvero incapaci di vivere relazioni sentimentali o sessuali e alla base vi è una frustrazione profonda che non resta confinata alla sfera personale, ma che si trasforma in ostilità contro le donne e contro un’intera società percepita come ingiusta e sbilanciata.



L’origine del termine incel è lontana da ciò che è diventato oggi: fu coniato da una donna canadese, Alana, che negli anni ’90 aveva creato uno spazio online per parlare di solitudine affettiva e difficoltà relazionali con scopo iniziale di condividere esperienze e creare connessione tra persone timide, insicure o emarginate ma col tempo quella parola è stata assorbita da altri contesti e da altri toni trasformandosi in un’etichetta scelta da uomini che attribuiscono alle donne, e al femminismo in particolare, la colpa della loro infelicità.



Nei forum dove si scambiano opinioni e sfoghi, le donne sono spesso rappresentate come esseri freddi, manipolatori e iperselettivi, che scelgono solo uomini fisicamente attraenti – i cosiddetti “Chad” – ignorando chi non rispetta certi canoni: il risultato è una visione del mondo in cui le relazioni non sono più scelte libere ma meccanismi sbilanciati dove l’uomo perde sempre.

Dentro questi spazi digitali esiste un linguaggio specifico, fatto di simboli, meme e riferimenti culturali ben precisi: si parla di “Stacy” per indicare la donna attraente che ottiene tutto, di “pillola rossa” per rappresentare un presunto risveglio alla verità secondo cui il sesso e l’amore sarebbero controllati dalle donne, e di “pillola nera” per esprimere un nichilismo ancora più profondo e senza uscita, e così, i forum incel (molti dei quali bannati dalle piattaforme principali per i contenuti violenti o incitanti all’odio) diventano così luoghi dove le insicurezze individuali si intrecciano e si rafforzano, confermando l’idea che il problema non sia dentro di sé ma all’esterno, nella libertà delle donne e nell’evoluzione dei rapporti di genere.



Incel: una subcultura fatta di frustrazione, isolamento e misoginia

Essere incel non significa semplicemente non avere una relazione, ma vivere quella condizione come una condanna imposta da altri; secondo studi recenti, la maggior parte di chi si definisce incel soffre di depressione, ansia e solitudine, e rifiuta il supporto psicologico perché ritiene che il problema non sia interiore, ma sociale.

Inoltre, nei forum si parla spesso di “looksmatching”, il tentativo quasi ossessivo di migliorare il proprio aspetto per avvicinarsi agli standard desiderati, ma al tempo stesso si diffonde la convinzione che tutto sia già deciso, che la gerarchia dell’attrazione sia fissa e che chi non è nato bello non potrà mai accedere alle stesse possibilità affettive degli altri e proprio da qui nasce l’odio verso le donne, verso gli uomini che vincono, verso un mondo che non li ha inclusi.

La cultura incel non è solo un fenomeno online, perché in alcuni casi si è trasformata in violenza reale: dal 2014 in poi, ci sono stati diversi attacchi – spesso contro donne – compiuti da uomini che si identificavano come incel o che citavano apertamente personaggi diventati simbolo di questo mondo, ma il paradosso più inquietante è che questa ideologia fa male anche a chi la abbraccia, in quanto è dimostrato che chi si riconosce come incel è spesso afflitto da gravi problemi di salute mentale, con livelli altissimi di ansia, depressione e pensieri negativi.

La maggior parte non cerca aiuto, convinta che il sistema sia contro di loro, e finisce per cercare conferme del proprio malessere in spazi che fanno crescere ancora di più la loro rabbia: si tratta dunque di un ciclo che si autoalimenta, in cui il dolore personale diventa colpa sociale, in cui il rifiuto si trasforma in disprezzo, e in cui la solitudine viene riempita solo da altri uomini che provano lo stesso rancore.