Grandi proclami nell’incontro di Washington per la pace in Ucraina, ma sulla sicurezza da garantire a Kiev e la cessione dei territori non c’è chiarezza
Al di là dei proclami di Trump e della volontà espressa da tutti di evitare il sacrificio di tante vite umane, l’annunciato possibile accordo per chiudere la guerra in Ucraina, in realtà, resta ancora tutto da definire. Nell’incontro di Washington, almeno nella sua prima parte, il presidente USA non ha lesinato complimenti ed elogi ai suoi interlocutori, dal presidente ucraino Zelensky fino a Rutte, von der Leyen, Starmer, Macron, Meloni, Merz e al presidente finlandese Stubb, ma molte delle parole sentite vanno ancora riempite di contenuto.
Il cessate il fuoco, la sicurezza da garantire all’Ucraina per evitare altri attacchi russi, i territori da cedere a Mosca, invece, spiega Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, sono tutti argomenti sui quali non si è entrati ancora nel merito. E per arrivare a un accordo occorre avere le idee molto più chiare su punti cruciali come questi.
La giornata si è chiusa con l’annuncio che Putin ha detto a Trump di essere pronto a incontrare Zelensky. L’incontro, ha riferito il cancelliere tedesco Merz, potrebbe avvenire tra un paio di settimane.
L’incontro di Washington fra Trump, Zelensky e i leader europei segna davvero una svolta nelle trattative per la pace in Ucraina?
Per quello che si è visto e sentito, è aria fritta. Trump ha detto che ama gli ucraini ed è stato molto ospitale con tutti i leader intervenuti, ma, per capire se si sono fatti passi avanti, bisogna farsi domande molto concrete. Zelensky ha accettato di perdere i territori? Perché se lo ha fatto il negoziato con i russi va avanti, se non lo ha fatto, no. Tutti parlano poi delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina, ma chi è disposto a darle? Qualche Paese europeo può assicurare che, se Mosca attaccherà di nuovo l’Ucraina, interverrà con i suoi soldati? Anche gli americani hanno parlato di loro garanzie, ma non le hanno messe sul piatto. Non sto vedendo nulla di concreto.
Intanto gli europei chiedono il cessate il fuoco, mentre Trump ha fatto capire che non se ne parla. Già questo è un primo ostacolo da superare in vista di un accordo?
Si continua a parlare di cessate il fuoco perché l’Europa non è in grado di dare garanzie all’Ucraina o non ha voglia di farlo. L’obiettivo è una sospensione della guerra con un negoziato, un’ipotesi che Putin ha sempre respinto. L’idea dei russi, invece, è che si faccia un trattato: vuol dire che la guerra finisce e che gli ucraini si ritirano dal Donetsk, perché il Lugansk l’hanno già perso. Il Cremlino ha fatto una proposta che dà l’onore delle armi all’Ucraina, prevedendo il ritiro dal 15-20% di territorio del Donetsk che gli ucraini ancora controllano, mentre nelle altre regioni occupate si terranno il 75% di Kherson e Zaporizhzhia senza rivendicare altro.

Una proposta già definita?
Così ha detto Steve Witkoff. A Kherson, d’altra parte, i due belligeranti sono divisi dal fiume Dnepr, verso la foce: c’è un confine che ha una fisicità molto evidente. A Zaporizhzhia i russi si schiererebbero su territori che sono un po’ più a nord della linea Surovikin, dove hanno già linee difensive pronte a rispondere un giorno a eventuali contrattacchi ucraini.
Sulla cessione dei territori Zelensky e gli europei sono stati un po’ sfuggenti, ma hanno insistito sulla possibilità di garantire sicurezza all’Ucraina. Almeno su questo si sono fatti passi avanti?
Per garantire sicurezza occorre l’impegno a scendere in campo per difendere l’Ucraina in caso di nuovo attacco russo. Non solo: se Kiev finisce ancora nel mirino di Mosca e se tra le nazioni che forniscono garanzie ci sono potenze nucleari, queste devono offrire il loro ombrello protettivo agli ucraini. Infine si è parlato di Ucraina fuori dalla NATO, ma con garanzie simili all’articolo 5 dell’Alleanza Atlantica. Ma la realtà è che non si possono avere le stesse garanzie della NATO se non si aderisce all’alleanza. C’è poi una questione cruciale.
Sarebbe?
Quali sono i Paesi europei che assicurano politicamente il supporto dell’intervento militare a difesa dell’Ucraina? Anche la Meloni parla di garanzie: vuol dire che l’Italia è pronta ad assicurare all’Ucraina che manderemo il nostro esercito a difenderla se i russi attaccheranno di nuovo? C’è da chiedersi quanti parlamenti europei approverebbero l’impegno di truppe che andrebbero a morire in Ucraina in caso di nuova avventura militare russa.
L’Italia che ruolo ha? La Meloni ha rivendicato l’idea di applicare le garanzie dell’articolo 5 NATO anche se l’Ucraina non apparterrà al Patto Atlantico.
Mi chiedo che obbligo può avere un Paese della NATO a intervenire per uno che non vi appartiene. Pensiamo davvero che ci sia qualche nazione dell’Alleanza Atlantica disposta a rischiare la guerra nucleare con la Russia? Per questo dico che bisogna parlare di cose concrete, non di aria fritta.
Trump cita un possibile trilaterale con lui, Putin e Zelensky, anche se ha detto che ci vorranno una o due settimane almeno. È un incontro possibile?
È possibile nel momento in cui Zelensky accetta le condizioni di Putin, cioè la perdita dei territori del Donbass, il congelamento di quelli in mano ai russi, con lo sconto di non perdere completamente tutta Kherson e tutta Zaporizhzhia, e magari altre condizioni che non conosciamo. Il trilaterale si fa quando c’è qualcosa da firmare, nel senso che l’accordo è già fatto, steso, nero su bianco.
La Russia in questi giorni non ha mai parlato della possibilità di un trilaterale. Non lo vede imminente?
Nell’incontro in Alaska il tema del trilaterale non è stato neanche toccato. Putin ha detto più volte che è pronto a incontrare Zelensky, ma nel momento in cui Zelensky accetta le condizioni per la fine della guerra.
(Paolo Rossetti)
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