I server delle intercettazioni delle Procure di Milano e di Roma sono ormai quasi pieni, considerando inoltre la completa mancanza del backup dei server. Questa è solo una delle criticità segnalate dai pubblici ministeri nel corso dei sopralluoghi eseguiti da una delegazione della Commissione Giustizia del Senato. “Per risolvere questo problema occorrerebbero sistemi informatici e una rete più performanti nonchè un ampliamento della capienza dei serve”, si legge nel documento riportato dal Messaggero.
Nella bozza di Relazione depositata ieri in Commissione Giustizia del Senato a conclusione dell’indagine consocitiva sulle intercettazioni si esprime una sostanziale contrarietà al sistema delle cosidette “intercettazioni a strascico”. Così il capogruppo di FI in commissione Giustizia Pierantonio Zanettin, tra gli estensori del documento insieme alla presidente della Commissione Giustizia Giulia Bongiorno e al relatore di FdI Giovanni Berrino: “In materia di circolazione dei risultati delle intercettazioni autorizzate in un determinato procedimento nel 2020 si è registrato un importante intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la cosiddetta sentenza Cavallo che ha chiarito l’ambito di applicazione della deroga al divieto di utilizzabilità del contenuto delle intercettazioni autorizzate in un altro procedimento”.
Il dossier intercettazioni
Nel documento viene evidenziato che il Giudice di legittimità aveva “definito il concetto di ‘procedimento diverso’, circoscrivendo l’utilizzabilità ai risultati delle intercettazioni disposte per un ‘reato connesso'”. Così a Cassazione aveva “individuato il perimetro dell’articolo 270 cpp” (che è la norma secondo la quale “i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza” ndr). Come evidenziato dall’Ansa si voleva insomma che ci fosse “un rapporto di continuazione tra i reati determinato dalla riconducibilità nel medesimo disegno criminoso” ma poi la logica non è stata condivisa dal legisltore, che ha superato il concetto della “connessione dei reati” “riespandendo il perimetro” di azione per gli ascolti: “La Commissione ritiene, dunque, che sia necessario riguardare la materia in esame alla luce dei principi espressi dalla richiamata decisione delle Sezioni Unite, valorizzando l’ottica del contemperamento tra interessi costituzionali tendenzialmente contrapposti”.