Islam al centro di una lezione in una scuola di Crema: per i promotori si tratta di dialogo interculturale, Lega attacca: "Indottrinamento inaccettabile"

Una lezione sull’Islam, tenuta da Hamid Tahiri – responsabile del Centro culturale islamico cremasco – agli alunni di quinta elementare della scuola Santa Maria di Crema, ha acceso la discussione (già incandescente) tra chi la considera un passo avanti verso l’integrazione e chi denuncia il rischio di una “islamizzazione strisciante”; l’incontro – organizzato per avvicinare i bambini alla cultura dei compagni di fede musulmana – si è svolto attraverso un dialogo aperto, secondo il quale gli alunni avevano preparato domande su vari aspetti della religione islamica, dal ruolo di Maometto alla stesura del Corano, dalle ragioni del velo femminile al significato del Ramadan, fino ai divieti alimentari.



Secondo Tahiri, l’obiettivo dell’incontro era colmare un vuoto di conoscenza e creare occasioni di dialogo, spiegando come una parte considerevole degli alunni nel quartiere sia di fede islamica e mettendo in evidenza che l’integrazione passa necessariamente dalla comprensione reciproca; l’iniziativa – però – non è stata ben accolta dall’europarlamentare leghista Isabella Tovaglieri, che ha definito la lezione una forma di “indottrinamento” e – secondo lei – in un contesto europeo in cui i simboli cristiani vengono sempre più spesso censurati, è inaccettabile finanziare attività legate alla cultura islamica, facendo anche riferimento all’abolizione del presepe in alcune scuole, un precedente preoccupante.



Anche Andrea Bergamaschini – esponente locale della Lega – ha chiesto spiegazioni all’amministrazione scolastica, affermando che la scuola dovrebbe limitarsi a educare e non propagandare religioni: autorizzare interventi da parte di figure esterne non controllate può aprire la porta a derive inaccettabili.

Islam in classe: il confine tra educazione interculturale e rischio propaganda

La lezione sull’Islam organizzata nella scuola primaria Santa Maria di Crema riapre il dibattito (politico e sociale) su come gestire il pluralismo religioso nelle aule scolastiche, in un Paese dove circa il 35% degli istituti ospita almeno un alunno musulmano; per Tahiri e il corpo docente coinvolto, l’attività rientrava nel percorso di educazione civica, osservando che spiegare simboli come il velo può aiutare a prevenire episodi di bullismo e che promuovere il rispetto tra i bambini e le diversità culturali sia fondamentale, in quanto, proprio i più piccoli dovrebbero essere messi nelle condizioni di percepire ogni identità come ugualmente valida, evitando che prevalga una narrativa unica.



Ma le critiche non sono mancate, e hanno trovato un eco considerevole anche nell’opinione pubblica: Tovaglieri ha ribadito la mancanza di reciprocità mettendo in evidenza che nessuna scuola in Marocco o Tunisia tiene lezioni sul Natale, mentre in Europa si cede sempre più spazio all’Islam per il timore di essere accusati di razzismo e il suo intervento richiama le linee guida UE introdotte nel 2023 (che destinano 50 milioni di euro a progetti interculturali) spesso focalizzati proprio sulla religione islamica.

Il Ministero dell’Istruzione ha ricordato che ogni attività extracurricolare deve ottenere l’approvazione dei consigli di classe e rispettare le linee guida sulla laicità dell’insegnamento ma, nonostante questo, l’episodio di Crema è la dimostrazione tangibile di quanto il tema resti sensibile, confermato anche dal fatto che una buona percentuale di italiani si dichiara contrario a lezioni religiose specifiche nelle scuole pubbliche.

Il caso di Crema riflette una questione decisamente spinosa nelle società multiculturali: dove finisce l’integrazione e inizia l’indottrinamento? Se da un lato, spiegare il velo o il Ramadan può smontare pregiudizi e favorire coesione, dall’altro, l’assenza di reciprocità – come ribadiscono i critici – rischia di tradursi in asimmetrie culturali, dove le tradizioni locali vengono percepite come “negoziabili” e, la scuola – in quanto spazio laico – è chiamata a navigare in questo stretto canale: educare al pluralismo senza diventare cassa di risonanza per specifiche fedi.