L’Italia non è il parassita d’Europa e versa alla UE più di quanto riceve: parole che fanno un certo effetto se scritte da un tedesco, per di più autorevole come Ralph Bolmann, vicedirettore dell’economia della Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung, tradotto in italiano per Libero Quotidiano. Bolmann si rivolge ai suoi connazionali con l’obiettivo di sfatare alcuni miti: in Germania infatti la crisi dovuta al Coronavirus ha riattivato gli stereotipi su una Unione Europea in cui il Nord deve finanziare il Sud o, ancora più esplicitamente, la Germania sborsa per l’Italia.
Non era vero ai tempi della crisi dell’euro fra il 2010 e il 2012 e non è vero adesso, argomenta Bolmann con numeri inattaccabili. Allora i governi italiani non videro un centesimo di aiuti finanziari e versarono 125 miliardi di euro in garanzia per gli Stati della zona Euro al verde. L’Italia è la terza potenza europea e l’ottava del mondo e tra chi ci ha sorpassato di recente ci sono comprensibilmente Cina e India. Bolmann ricorda che, all’interno dell’Unione Europea, l’Italia è un contributore netto, cioè riceve più di quanto dà: soltanto nel 2018, ha versato 5 miliardi di euro in più di quelli che ha ottenuto dai diversi fondi.
Anche il Recovery Fund per la ripresa economica dell’UE è cofinanziato dall’Italia pseudo parassita con il suo recente contributo al bilancio comunitario del 12% circa. Solo a causa della crisi Coronavirus, che in Italia ha colpito duro, diventeremo un beneficiario netto almeno temporaneamente – e solo se riusciremo a presentare sufficienti progetti ammissibili e compatibili con i criteri del programma.
ITALIA PARASSITA D’EUROPA? BOLMANN SMENTISCE UNA FALSA TESI
Certo, l’Italia ha accumulato un debito pari al 130% del suo rendimento economico annuale e da qui è nata l’immagine del parassita ma, a parte il fatto che ben pochi Paesi rispettano il tetto del 60% (non l’Austria, che oggi è rigorista), ma da anni ormai rispetta gli impegni e ad esempio nel 2019, a fronte di un limite per il nuovo indebitamento annuo fissato al 3% del PIL, ha chiuso con l’1,6%. La potenza economica dell’Italia si è notata negli scorsi mesi anche in Germania, perché il lockdown che da noi è scattato prima ha messo in difficoltà molte aziende tedesche che hanno fornitori in Italia.
La fitta rete di piccole e medie imprese di successo del Nord Italia vede molte aziende leader mondiali nei loro settori: ci mancano invece multinazionali di spicco e un’ambiente imprenditoriale innovativo. Durante l’emergenza sanitaria le autorità italiane hanno fatto errori che hanno comportato una rapida diffusione del virus in ospedali e case di riposo. Tuttavia l’Italia, primo Paese europeo duramente colpito, non aveva ancora alcun modello di riferimento da seguire che indicasse il comportamento di una democrazia occidentale in una situazione del genere. Anche Angela Merkel si è attivata osservando le immagini di Bergamo e probabilmente il dramma italiano ha evitato la stessa sorte in terra tedesca.
Il problema maggiore dell’Italia rimangono i difficili rapporti politici che rendono praticamente impossibili riforme radicali. Anche su questo però la Germania non è più un modello: ci può volere mezzo anno per formare un governo dopo le elezioni. Finora gli italiani, osserva Bolmann, non ci hanno mai messo così tanto…